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Scompenso cardiaco: le donne vivono più a lungo, ma con una peggiore qualità della vita

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Sebbene le donne con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ridotta vivano più a lungo degli uomini, la loro vita in questi anni aggiuntivi è di qualità inferiore, con una maggiore disabilità psicologica e fisica.

Questo è quanto rilevato da un recente studio pubblicato sulle pagine del Journal of the American College of Cardiology.

Scompenso cardiaco: differenze di genere

Negli ultimi anni prove crescenti hanno rivelato diverse differenze tra uomini e donne con scompenso cardiaco. Sappiamo innanzitutto che esistono distinzioni nel fenotipo della malattia. La forma con frazione di eiezione ridotta si verifica più comunemente negli uomini, mentre quella con frazione di eiezione conservata è più frequente nelle donne.

Esistono però altre differenze salienti tra uomo e donna che riguardano epidemiologia, presentazione, stratificazione e gestione del rischio. Va inoltre ricordato che le nostre conoscenze su questa malattia derivano principalmente da studi eseguiti sugli uomini.

Gli studi disponibili hanno evidenziato come le donne con scompenso cardiaco spesso si presentano in età avanzata, soffrono di più comorbilità, hanno un più alto tasso di ricoveri ospedalieri e hanno una sopravvivenza migliore per l’età rispetto agli uomini.

Scompenso cardiaco e differenze di genere: lo studio

Questa nuova pubblicazione si basa su dati raccolti in due precedenti trial: il PARADIGM-HF e l’ATMOSPHERE. Gli autori in questa occasione hanno cercato di identificare differenze di genere negli esiti clinici e nella gestione dello scompenso cardiaco. Sono stati analizzati complessivamente 12.058 uomini e 3.357 donne con frazione di eiezione ridotta.

I risultati hanno evidenziano come le donne fossero più anziane (65 vs 63 anni) e più spesso obese rispetto agli uomini. Inoltre, avevano una pressione arteriosa sistolica e una frequenza cardiaca leggermente più elevate e avevano meno probabilità di avere la maggior parte delle comorbidità considerate, ad eccezione dell’ipertensione arteriosa.

Le donne però erano più sintomatiche e riferivano una peggiore qualità della vita. Tutto questo nonostante valori simili di frazione di eiezione ventricolare sinistra e di NT pro-BNP.

D’altra parte, le donne avevano una mortalità più bassa (hazard ratio aggiustato: 0,68) e un minor rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (hazard ratio: 0,80).

Altre importanti differenze hanno riguardato il trattamento dei pazienti. I diuretici e gli anticoagulanti sono infatti risultati sottoutilizzati nelle donne. Ma anche altri farmaci, quali gli ACE inibitori, gli antagonisti recettoriali dell’angiotensina e le statine erano meno utilizzati in questo gruppo.

La terapia con dispositivi era sottoutilizzata sia negli uomini che nelle donne, ma più nelle donne. Ad esempio, i dispositivi di resincronizzazione cardiaca era stati impiantati nel 4% delle donne e nell’7% degli uomini; gli ICD puri nel 6% delle donne e nell’11% degli uomini.

Le donne vivono più a lungo, ma non bene

Il quadro che emerge da questo studio sembra quindi piuttosto chiaro: le donne vivono più a lungo, ma questi anni vissuti in più degli uomini sono di qualità inferiore, con una maggiore disabilità psicologica e fisica.

Questi risultati ben si inseriscono nel quadro generale sulle differenze di genere nella salute, che da tempo indicano come le donne vivano più a lungo degli uomini. Differenze che sottendono a meccanismi particolarmente complessi, in parte ancora non identificati.

Quanto però sorprende maggiormente è come le donne continuino a ricevere un trattamento subottimale rispetto agli uomini, senza una giustificazione plausibile.

 

Franco Folino

 

Pooja Dewan, et al. Differential Impact of Heart Failure With Reduced Ejection Fraction on Men and Women. J Am Coll Cardiol 2019; 73: 29-40.

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