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HIV: ottenuta una completa remissione in un secondo paziente con cellule staminali ematopoietiche

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False-color scanning electron micrograph of HIV-1, in green, budding from cultured lymphocyte. Credits: C. Goldsmith Content Providers: CDC/ C. Goldsmith, P. Feorino, E. L. Palmer, W. R. McManus - This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention's Public Health Image Library (PHIL).

Il secondo caso registrato di un paziente con remissione da infezione da HIV-1 dopo trapianto di cellule staminali è riportato in un articolo pubblicato questa settimana sulla rivista Nature. Sebbene il paziente sia stato finora in remissione per 18 mesi, gli autori avvertono che è troppo presto per dire che il paziente è “guarito” dall’HIV.

Le cure per l’HIV

C’è stato solo un caso documentato in cui un paziente è stato curato da HIV dopo aver ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore con due copie della mutazione Δ32 di CCR5. CCR5 è un co-recettore per l’infezione da HIV-1 e i portatori omozigoti di questa mutazione sono resistenti alle infezioni da virus HIV-1 che usano questo co-recettore. Questo caso precedente, noto come “paziente di Berlino”, si è verificato 10 anni fa, ma il trattamento è stato molto aggressivo e l’approccio non è stato ripetuto con successo fino ad ora.

Le cellule staminali ematopoietiche

Ravindra Gupta e colleghi hanno dimostrato l’efficacia di una forma meno aggressiva di questo trattamento in un paziente con HIV-1 a cui è stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin avanzato nel 2012. Per trattare il tumore, il paziente ha ricevuto un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore con due copie dell’allele CCR5 Δ32. Il paziente ha avuto solo una lieve reazione al trapianto di cellule staminali.

Gli autori riportano che il paziente è diventato omozigote per CCR5 Δ32 dopo il trapianto e la terapia antiretrovirale è stata interrotta dopo 16 mesi. Gli autori hanno confermato che l’RNA dell’HIV-1 non era rintracciabile e il paziente è rimasto in remissione per altri 18 mesi.

Questi risultati dimostrano che il “paziente di Berlino” non era un’anomalia e fornisce un ulteriore supporto allo sviluppo di approcci che mirano al co-recettore CCR5 come strategia per la remissione dell’HIV.

 

 

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