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I batteri intestinali di A. muciniphila migliorano la sensibilità all’insulina e riducono il colesterolo

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Potenziare i livelli di specifici batteri intestinali può avere effetti benefici per le persone in sovrappeso o obese. È quanto riporta un piccolo studio clinico pubblicato online nei giorni scorsi sulla rivista Nature Medicine.

L’Akkermansia muciniphila è risultata essere una specie di batteri intestinali meno abbondante nell’intestino di individui in sovrappeso o obesi o che hanno un diabete mellito di tipo 2 non trattato. La scarsità di questi batteri è risultata ben evidente anche in pazienti con malattie infiammatorie dell’intestino. Questo studio suggerisce che la loro somministrazione negli esseri umani è sicura ed è associata ad un miglioramento della salute.

Il microbiota intestinale e i suoi effetti sulla salute

Per superare l’evoluzione mondiale delle malattie cardiometaboliche, gli scienziati hanno sempre più focalizzato la loro attenzione sugli interventi mirati sul microbiota intestinale. Precedenti ricerche hanno rilevato che la A. muciniphila ha effetti benefici sulla salute in modelli animali. È in grado di far ridurre l’obesità, l’intolleranza al glucosio, l’insulino-resistenza e l’accumulo di grasso nel fegato.

Gli effetti della A. muciniphila sulla salute: lo studio

In uno studio proof-of-concept, Patrice Cani e colleghi riferiscono che il trattamento con A. muciniphila vivo o pastorizzato è sicuro e ben tollerato negli esseri umani.

Un totale di 32 volontari hanno ricevuto placebo o A. muciniphila come integratore alimentare per 3 mesi. Solo i partecipanti che hanno ricevuto la preparazione di batteri pastorizzati hanno presentato una migliore sensibilità all’insulina, livelli ridotti di insulina, segni di una migliore barriera intestinale e livelli inferiori di colesterolo nel sangue, rispetto ai soggetti che hanno ricevuto un placebo. Sono certamente necessarie ulteriori ricerche per verificare se gli effetti benefici della A. muciniphila pastorizzata hanno un carattere permanente, che supera i 3 mesi di follow-up valutati nello studio. Gli autori concludono che l’efficacia del trattamento andrà confermata in studi clinici controllati, con un numero maggiore di pazienti.

 

 

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