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I biomarcatori che identificano i pazienti anziani a basso rischio cardiovascolare

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An intravascular ultrasound image of the ostium of the left main coronary artery. This work is licensed under the Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.5 License. Attribution: Image created by Karthik Sheka, M.D.

Le persone anziane con un basso contenuto di calcio coronarico, bassi livelli di galectina-3 o senza placche carotidee hanno un rischio cardiovascolare ridotto. Sono queste le conclusioni di un interessante studio apparso nei giorni scorsi sul Journal of the American College of Cardiology.

Questi risultati potrebbero mettere in discussione il modo con cui si impostano le terapie preventive negli anziani.

Il rischio cardiovascolare

Indipendentemente da altri fattori, quali l’ipertensione arteriosa o i livelli di colesterolo, il rischio cardiovascolare aumenta drammaticamente e inevitabilmente con l’età. In base ai calcolatori e alle tabelle di rischio messe a punto dalle società scientifiche internazionali, il rischio cardiovascolare oltre i 60 anni di età è talmente elevato da rendere quasi sempre indicato un trattamento preventivo con statine.

Sembrerebbe quindi necessario un sistema di stratificazione del rischio più accurato, dedicato appositamente alle persone anziane, dove i comuni fattori progressivi legati all’invecchiamento vengano affiancati dall’analisi di altri parametri più raffinati.

La stratificazione del rischio nelle persone anziane

Per cercare di superare queste incertezze, un gruppo di ricercatori internazionali, coordinati dal Dipartimento di cardiologia dell’Aarhus University Hospital, in Danimarca, ha cercato di identificare dei fattori di rischio specifici ed affidabili che consentissero di identificare gli individui anziani a basso rischio cardiovascolare.

Per fare questo hanno utilizzato i dati dello studio BioImage (A Clinical Study of Burden of Atherosclerotic Disease in an At-Risk Population), dove è stata valutata un’ampia coorte di individui anziani, analizzando differenti biomarcatori ed esami di imaging.

Considerando che la ricerca voleva identificare parametri in grado di definire un basso livello di rischio, gli autori li hanno definiti come “fattori di rischio negativi”. Per questo hanno definito un calcio coronarico uguale a zero, o anche minore o uguale a 10, e l’assenza di placche carotidee come marker di rischio negativi.

Per gli altri biomarker continui valutati, tra cui il rapporto intima/media a livello carotideo, le concentrazioni di apoB, galectin-3, PCR ad alta sensibilità, lipoproteina(a), NT-proBNP e transferrina, è stato utilizzato un valore inferiore al 25° percentile per definire un marker di rischio negativo. Per la concentrazione di apoA1 è stato invece considerato un limite inferiore al 75° percentile.

Altri fattori di rischio definiti come negativi sono stati un indice gamba/braccio maggiore di 0,9 e l’assenza all’anamnesi familiare di malattie cardiovascolari.

I fattori di rischio negativi

I 5.805 soggetti inclusi nello studio, con un’età media di 69 anni, sono stati seguiti nel corso di un follow-up mediano di 2,7 anni.

I risultati hanno evidenziato come la concentrazione di calcio coronarico, valutato alla tomografia computerizzata senza mezzo di contrasto, uguale a zero o ≤ 10 erano i marker di rischio negativo più forti per la cardiopatia coronarica. Orientativamente, questi due parametri hanno indicato un rischio inferiore di circa l’80%, rispetto a quanto atteso dalla valutazione dei fattori di rischio tradizionali.

Risultati significativi sono stati ottenuti anche stratificando il rischio per le malattie cardiovascolari in generale.

I livelli di galectina-3 e l’assenza di placca carotidea sono stati gli alti parametri negativi che hanno fornito utili riferimenti per la stratificazione del rischio.

La galectina-3 è una proteina che ha un ruolo importante, tra l’altro, nell’adesione cellula-cellula, nelle interazioni cellula-matrice, nell’attivazione dei macrofagi e nell’angiogenesi. Ha inoltre dimostrato un’attività antimicrobica contro batteri e funghi. Negli ultimi anni si è dimostrato un parametro significativo nella stratificazione del rischio cardiovascolare.

La riclassificazione del rischio

Gli autori si sono inoltre dedicati a riclassificare i pazienti dopo averli stratificati secondo le indicazioni dell’American College of Cardiology/American Heart Association. Anche in questo caso i parametri più utili di stratificazione negativa sono stati nell’ordine il calcio coronarico (=0 o ≤10), la galectina-3 e l’assenza di placche carotidee.

La ricerca del paziente “negativo”

I risultati di questo studio potrebbero rivelarsi particolarmente utili per indicare la via migliore nell’identificazione del paziente a basso rischio cardiovascolare. Quel paziente che, nonostante l’età avanzata, ha comunque basse probabilità di sviluppare una malattia cardiovascolare e quindi non necessita di trattamenti farmacologici preventivi. Trattamenti che a volte sono aggressivi e possono essere gravati da effetti collaterali più o meno importanti.

Il parametro più efficace nella stratificazione “negativa” del rischio si è dimostrato il calcio coronarico. Purtroppo, alla sua forte capacità discriminante fa da contraltare il suo costo elevato e la difficoltà di applicare questa tecnica diagnostica su una popolazione ampia.

La valutazione del calcio coronarico si sta dimostrando particolarmente utile in differenti patologie cardiovascolari (vedi precedente articolo sullo scompenso cardiaco) ed è quindi auspicabile che si possano trovare in futuro soluzioni organizzative e tecniche in grado di consentire valutazioni tomografiche semplificate e mirate, in grado di velocizzare la procedura e consentire lo svolgimento di un numero superiore di esami, ad un costo minore.

 

Franco Folino

 

Martin Bødtker Mortensen, et al. Negative Risk Markers for Cardiovascular Events in the Elderly. J Am Coll Cardiol 2019; 74: 1-11.

 

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