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Ipotensione ortostatica: dalla ricerca sugli astronauti un metodo per evitare vertigini e svenimenti

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This image of Europe’s Columbus space laboratory was taken by ESA astronaut Luca Parmitano during his spacewalk on 9 July 2013. Copyright ESA/NASA.

Quasi 50 anni dopo i primi passi dell’uomo sulla Luna, i ricercatori hanno scoperto un modo per aiutare gli astronauti a trascorrere un tempo prolungato nello spazio e tornare sulla Terra senza soffrire di episodi ipotensivi. A parlarne è una nuova ricerca, finanziata dalla NASA e pubblicata sulla rivista Circulation.

Gli svenimenti degli astronauti

“Uno dei maggiori problemi sin dall’inizio del programma spaziale con equipaggio è stato il fatto che gli astronauti svenivano quando scendevano sulla Terra. Più è lungo il tempo trascorso in un ambiente privo di gravità nello spazio, maggiore sembra essere il rischio”, ha detto Benjamin Levine, autore senior dello studio e professore di Scienze dell’Esercizio presso l’UT Southwestern Medical Center e direttore dell’Istituto per l’esercizio fisico e la medicina ambientale presso il Texas Health Presbyterian Hospital di Dallas. “Questo problema ha tormentato a lungo il programma spaziale, ma questa condizione spesso colpisce le persone comuni”.

L’ipotensione ortostatica

L’ipotensione ortostatica è il termine tecnico che indica un temporaneo calo della pressione sanguigna quando una persona si alza in piedi dopo essere stata seduta o sdraiata.

Nel passaggio dal clino all’ortostatismo intervengono differenti meccanismi che concorrono a mantenere la pressione adeguata, consentendo un adeguato flusso ematico a livello cerebrale. Questi meccanismi cercano di contrastare gli effetti della gravità che tendono a far defluire il sangue dalle parti alte del corpo verso le estremità.

Vertigini o svenimenti dovuti a cambiamenti nel flusso sanguigno cerebrale possono verificarsi dopo un lungo riposo a letto, o negli astronauti, dopo un periodo di soggiorno in un ambiente a bassa gravità.

L’ipotensione ortostatica negli astronauti: lo studio

Lo studio ha incluso 12 astronauti (otto uomini e quattro donne di età 43-56 anni) che hanno trascorso circa sei mesi nello spazio. Tutti hanno effettuato esercizi di resistenza e durata per un massimo di due ore al giorno durante il volo spaziale, al fine di prevenire il decondizionamento cardiovascolare, osseo e muscolare.

Hanno anche ricevuto una infusione salina al momento dello sbarco. La pressione sanguigna degli astronauti è stata registrata battito a battito ogni 24 ore prima, durante e dopo il loro tempo nello spazio.

I ricercatori hanno scoperto che c’era un impatto minimo sulla loro pressione sanguigna durante tutte le fasi di misurazione e nessuno degli astronauti ha avuto capogiri o svenimenti durante le attività di routine 24 ore dopo l’atterraggio.

“Questo è il primo studio che dimostra come gli astronauti non avvertono vertigini o svenimenti durante l’attività di routine dopo l’atterraggio, purché partecipino a certi tipi di allenamento mentre sono in volo e ricevono fluidi quando tornano sulla terra”, ha detto Levine.

Misure utili per le persone con sincope

“Comprendere la fisiologia del volo spaziale può essere utile per comprendere molte condizioni vissute dai non astronauti. Ad esempio, il nostro programma di esercizi sviluppato per il programma spaziale sta già aiutando le persone con una condizione di svenimento nota come sindrome da tachicardia ortostatica posturale”, ha detto Levine.

“Mentre ci prepariamo a celebrare il 50 ° anniversario dell’atterraggio della luna Apollo 11, è emozionante pensare a come la nostra esplorazione nello spazio possa portare a importanti progressi medici qui sulla Terra.”

 

 

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