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Teplizumab: un anticorpo monoclonale per la prevenzione del diabete tipo 1

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Fino ad oggi nessuna strategia si era dimostrata efficace nella prevenzione del diabete di tipo 1 nei soggetti a rischio. Un recente studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha aperto nuove speranze in questo campo, evidenziando come la somministrazione di teplizumab sia in grado di ritardare la progressione verso la malattia.

Il diabete di tipo 1 e la sua prevenzione

Il numero di casi diagnosticati di diabete di tipo 1 sta aumentando ogni anno del 2-3%. Si stima che nel mondo oltre 542.000 bambini siano affetti da un diabete di tipo 1.

Le causa di questa malattia è ancor oggi oggetto di dibattito. Tra le ipotesi patogenetiche vi sono una suscettibilità genetica, uno stimolo diabetogeno e l’esposizione a un antigene.

Per quanto riguarda la genetica, più di 50 geni sono stati associati al diabete di tipo 1. Il rischio che un bambino sviluppi questa malattia è circa del 5% se ha un padre affetto. Sale all’8% se ad esserne affetto è un fratello, mentre scende a circa il 3% se ad avere il diabete tipo 1 è la madre.

Indipendentemente dal fattore scatenante iniziale, la fisiopatologia del diabete di tipo 1 è caratterizzata da una distruzione delle cellule beta nel pancreas dovuta ad una risposta autoimmune verso queste cellule produttrici di insulina.

Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi per il trattamento del diabete tipo 1, in particolare grazie al pancreas artificiale. D’altra parte però sembra estremamente importante concentrare l’attenzione sulla prevenzione di questa malattia, cercando di identificare e bloccare il processo immuno-mediato che ne è alla base.

Un anticorpo monoclonale per prevenire il diabete tipo 1: teplizumab

Un gruppo di ricercatori nordamericani valutato l’efficacia di teplizumab, un anticorpo monoclonale anti-CD3, in uno studio di fase 2, randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco.

Sono stati inclusi nella sperimentazione 76 parenti di pazienti con diabete di tipo 1, in cui non era stata posta la diagnosi di diabete ma erano ad alto rischio di sviluppare la malattia.

Il trattamento prevedeva un singolo ciclo di 14 giorni di teplizumab, o placebo. Nel corso del follow-up sono stati eseguiti test orali di tolleranza al glucosio a intervalli di 6 mesi.

Una prevenzione efficace

Nel corso del follow-up la diagnosi di diabete tipo 1 è stata fatta nel 43% dei partecipanti che avevano ricevuto teplizumab e nel 72% di quelli che avevano ricevuto placebo. Il tempo mediano alla diagnosi è stato rispettivamente di 48,4 mesi e 24,4 mesi.

Gli eventi avversi registrati, e previsti, sono stati l’eruzione cutanea e la linfopenia transitoria.

Il profilo immunitario

I ricercatori hanno inoltre valutato il profilo cellulare immunitario dei partecipanti allo studio. Hanno così dimostrato che nei pazienti in trattamento attivo vi era una maggiore rappresentazione di cellule T di tipo KLRG1+, TIGIT+ e CD8+, componenti in grado di modulare l’attività immunitaria.

Tra i soggetti che erano HLA-DR3-negativi o HLA-DR4-positivi meno pazienti tra quelli trattati con teplizumab, piuttosto che con placebo, hanno ricevuto una diagnosi di diabete.

L’HLA-DR è un recettore di superficie cellulare e costituisce un ligando per il recettore delle cellule T. La sua funzione è quella di presentare al sistema immunitario antigeni peptidici, allo scopo di suscitare o sopprimere le risposte delle cellule T-helper. L’aumento del DR sulla superficie cellulare è un marker per la stimolazione immunitaria.

Infine, i ricercatori hanno evidenziato come tra i soggetti negativi per l’anti-trasportatore zinco 8, meno partecipanti trattati con il farmaco rispetto al gruppo placebo avevano sviluppato il diabete.

Il trasportatore di zinco 8 è una proteina della membrana secretoria delle cellule β insulari, recentemente identificata come un bersaglio dell’immunità umorale nel diabete di tipo 1.

Speranze per il futuro della prevenzione

I risultati di questo studio di fase 2 sono evidentemente molto promettenti. L’efficacia di teplizumab nel ritardare la progressione verso il diabete di tipo 1 è evidente. Si aprono le porte ora a sperimentazioni di fase 3 che potranno fornire risultati ancor più chiari sulle potenzialità di questo anticorpo monoclonale e fornire concrete speranze per un cambio di passo radicale nella prevenzione di questa malattia.

 

Franco Folino

 

Kevan C. Herold, et al. An Anti-CD3 Antibody, Teplizumab, in Relatives at Risk for Type 1 Diabetes. N Engl J Med 2019; 381:603-613.

 

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