Un cranio di ominide quasi completo, di 3,8 milioni di anni, scoperto in Etiopia è descritto in due articoli pubblicati recentemente sulla rivista Nature. Il cranio, che gli autori assegnano alla specie Australopithecus anamensis, fornisce nuove intuizioni sui primi australopitechi e sulle loro origini.
Hominin Australopithecus
I primi membri del genere hominin Australopithecus sono rimasti poco conosciuti, a causa della quasi assenza di resti cranici di età superiore a 3,5 milioni di anni. Gli esemplari di A. anamensis, i membri più antichi conosciuti del genere, risalgono a 3,9–4,2 milioni di anni fa e sono costituiti principalmente da mascelle e denti, sebbene siano noti più crani per specie un cranio quasi completo più giovani, risalenti a 2,0–3,5 milioni di anni fa.
Un cranio quasi completo
Yohannes Haile-Selassie e colleghi riportano un cranio quasi completo ritrovato a Woranso-Mille, in Etiopia, che assegnano ad A. anamensis sulla base dei denti e della mascella. È probabile che il campione sia un maschio adulto nonostante le sue piccole dimensioni. Tuttavia, la morfologia cranica primitiva collega questo fossile a ominidi ancora più antichi, come Sahelanthropus e Ardipithecus, e mette in dubbio ipotesi precedenti su un collegamento diretto con il giovane Australopithecus afarensis (rappresentato dal famoso fossile “Lucy”).
In particolare, i risultati suggeriscono che i lignaggi A. anamensis e A. afarensis potrebbero essersi sovrapposti per almeno 100.000 anni (“cladogenesi”) piuttosto che i primi abbiano preceduto i secondi in un singolo lignaggio in evoluzione (“anagenesi”).
L’età e il contesto del cranio
Un secondo articolo descrive l’età e il contesto del cranio e suggerisce che l’ominide viveva in arbusti prevalentemente asciutti, con proporzioni variabili di prati, zone umide e foreste fluviali.
“Questo cranio sembra destinato a diventare un’altra celebre icona dell’evoluzione umana”, scrive Fred Spoor in un articolo di accompagnamento di News & Views. Conclude che la scoperta “influenzerà sostanzialmente il nostro modo di pensare […] sull’albero genealogico evolutivo dei primi ominidi”.