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Cardiopatia coronarica e fibrillazione atriale: solo anticoagulanti o terapia di associazione con l’aspirina?

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La gestione del trattamento antitrombotico in pazienti con fibrillazione atriale e cardiopatia coronarica stabile non sempre è cosa semplice. Spesso il confine tra la necessità di un’associazione anticoagulante-antiaggregante e il mantenimento del solo trattamento anticoagulante, per evitare di far incrementare eccessivamente il rischio emorragico, è molto sottile. Questo è ancor più vero nei pazienti anziani che vedono un naturale incremento del loro rischio emorragico, mentre sono proprio i soggetti in cui più frequentemente si sviluppa una fibrillazione atriale.

Le linee guida non sono di molto aiuto in questa scelta, che deve essere personalizzata sul singolo paziente, attraverso un preciso bilancio del rischio trombotico ed emorragico.

Per cercare di portare nuove evidenze in questo campo arriva ora uno studio multicentrico, in aperto, che ha indicato come il rivaroxaban, in monoterapia, era non inferiore all’associazione rivaroxaban antiaggregante, sia per efficacia, sia per sicurezza, nei pazienti con fibrillazione atriale e malattia coronarica stabile.

Anticoagulante in monoterapia o associazione anticoagulante antiaggregante?

La ricerca, pubblicata questo mese sul New England Journal of Medicine, è stata condotta in Giappone ed ha coinvolto oltre 2.000 pazienti con fibrillazione atriale sottoposti a intervento coronarico percutaneo, bypass coronarico o con coronaropatia confermata all’angiografia.

I pazienti inclusi nello studio (età media 74 anni; 79% maschi) sono stati avviati a un trattamento con rivaroxaban in monoterapia (10 mg una volta al giorno per i pazienti con una clearance della creatinina da 15 a 49 ml al minuto o 15 mg una volta al giorno per i pazienti con una clearance della creatinina ≥50 ml al minuto) o a una terapia di associazione con rivaroxaban più un singolo agente antiaggregante. Quest’ultimo, a discrezione del medico curante, poteva essere sia l’aspirina, sia un inibitore del P2Y12. Circa il 42% dei pazienti, in entrambi i bracci di trattamento, era diabetico.

L’end point primario di efficacia era un composto di ictus, embolia sistemica, infarto del miocardio, angina instabile che richiedeva rivascolarizzazione o la morte per qualsiasi causa.

L’end point primario di sicurezza era il sanguinamento maggiore, secondo i criteri dell’International Society on Thrombosis and Hemostasis.

Un’interruzione prematura

A causa della maggiore mortalità registrata nel gruppo che assumeva la terapia di associazione, lo studio è stato interrotto anticipatamente, così com’era previsto dal protocollo.

I risultati hanno così evidenziato come la monoterapia con rivaroxaban fosse non inferiore alla terapia di associazione per l’end point primario di efficacia, con tassi di eventi rispettivamente del 4,14% e 5,75% per paziente-anno.

Per quanto riguarda la sicurezza dei due approcci terapeutici, com’era peraltro prevedibile, la monoterapia è risultata superiore alla terapia di combinazione, con tassi di eventi rispettivamente dell’1,62% e del 2,76% per paziente-anno.

La monoterapia è altrettanto efficace dell’associazione

Questo importante studio fornisce utili informazioni sugli esiti clinici dei pazienti con cardiopatia coronarica stabile in terapia antitrombotica e antiaggregante.

I risultati sembrano essere rassicuranti, indicando che la semplice monoterapia con rivaroxaban può fornire risultati clinici simili alla terapia di associazione con l’antiaggregante nel prevenire eventi tromboembolici e coronarici.

Due le più importanti limitazioni di questo studio. La prima riguarda il suo disegno che essendo in aperto può indurre errori di valutazione. La seconda riguarda il dosaggio del rivaroxaban. Normalmente assunto ad una dose di 20mg/die nei pazienti con clearance della creatinina superiore a 50 ml/min, in questo studio è stato impiegato ad una dose inferiore. Questa variazione potrebbe aver ridotto sensibilmente gli eventi emorragici e quindi influito sull’endpoint di sicurezza.

 

Franco Folino

 

Satoshi Yasuda, et al. Antithrombotic Therapy for Atrial Fibrillation with Stable Coronary Disease. N Engl J Med 2019; 381:1103-1113.

 

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