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Ipercolesterolemia familiare: statine fin dall’infanzia per prevenire gli eventi cardiovascolari

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La placca aterosclerotica. Manu5. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

L’ipercolesterolemia familiare è una malattia insidiosa che si manifesta in giovane età e fa crescere il rischio di sviluppare eventi cardiovascolari nel corso della vita.

L’efficacia a breve termine della terapia con statine, anche quando somministrate nei bambini, è ben definita, ma fino ad oggi non esistevano prove di efficacia a lungo termine, in particolare nella prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Un recente studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha cercato di mettere a fuoco questo interrogativo. Ha così evidenziato come l’inizio della terapia con statine durante l’infanzia, nei pazienti con ipercolesterolemia familiare, rallenti la progressione delle alterazioni vascolari e riduca il rischio di malattie cardiovascolari, nel corso di un follow-up di lunga durata.

L’ipercolesterolemia familiare

L’ipercolesterolemia familiare è una malattia genetica caratterizzata da livelli particolarmente elevati di colesterolo LDL fin dalla nascita. Questa condizione porta ad uno sviluppo precoce di lesioni aterosclerotiche che espongono i pazienti ad un rischio elevato di eventi cardiovascolari precoci.

Purtroppo, molto spesso la diagnosi di questa malattia viene fatta troppo tardi, in particolare nelle forme meno gravi, e quindi l’intervento terapeutico non viene avviato abbastanza precocemente.

Si tratta di una malattia a trasmissione autosomica dominante, associata principalmente a una mutazione del gene che codifica il recettore delle lipoproteine a bassa densità. Questa anomalia causa una riduzione dei recettori specifici per le LDL e di conseguenza una loro insufficiente rimozione dal circolo.

Anche altre alterazioni genetiche possono causare il fenotipo dell’ipercolesterolemia familiare, quali le mutazioni nel gene ApoB e nel gene PCSK9.

Esistono due forme di questa malattia: la forma eterozigote e la forma omozigote. La prima è meno grave, si presenta con un’incidenza di 1 caso ogni 500 individui, ed è caratterizzata da un aumento di 2-3 volte dei livelli di colesterolo LDL e dall’insorgenza di una malattia coronarica prima dei 55 anni di età per gli uomini e dei 60 anni per le donne.

La forma omozigote è molto più rara con una prevalenza di 1 caso ogni 160.000-300.000 individui; è più grave sia in termini metabolici che clinici, con infarti del miocardio che possono verificarsi ben prima dei dieci anni di età.

Anche se le mutazioni coinvolte in questa malattia possono essere molteplici, un test genetico positivo consente di discriminare un soggetto con ipercolesterolemia familiare da un individuo semplicemente ipercolesterolemico. La diagnosi genetica consente inoltre di identificare la malattia tra i familiari.

Un follow-up molto lungo

Lo studio ha reclutato 214 pazienti con ipercolesterolemia familiare, geneticamente confermata nel 98% dei casi. Tutti avevano partecipato precedentemente ad un altro studio che aveva valutato l’efficacia e la sicurezza di un trattamento con pravastatina nel corso di un follow-up di due anni.

Questa nuova ricerca ha prolungato il periodo di osservazione fino ad un intervallo medio di 18 anni, confrontando soggetti affetti, 95 fratelli non affetti e 156 genitori affetti.

I partecipanti sono stati sottoposti a misurazioni dello spessore intima-media carotideo con valutazioni ecografiche.

Effetti a lungo termine

Dei pazienti con ipercolesterolemia familiare, il 79% hanno assunto una terapia farmacologica ipolipemizzante, iniziandola a un’età media di 14 anni. I farmaci assunti sono stati pravastitina, atorvastatina, rosuvastatina o simvastatina, da soli o in combinazione con ezetimibe o inibitori del PCSK9.

I risultati hanno evidenziato innanzitutto una chiara efficacia del trattamento con statine con una riduzione del livello medio di colesterolo LDL da 237,3 a 160,7 mg per decilitro, vale a dire una diminuzione del 32% rispetto al livello basale.

L’obbiettivo del trattamento, vale a dire una riduzione del colesterolo LDL al di sotto dei 100 mg per decilitro, è stato però raggiunto solo nel 20% dei pazienti.

Nel gruppo dei genitori con ipercolesterolemia familiare, il 26% ha avuto un evento cardiovascolare prima dei 40 anni. La sopravvivenza senza malattia cardiovascolare a 39 anni era del 99% tra i pazienti con ipercolesterolemia familiare che avevano iniziato a ricevere la terapia con statine durante l’infanzia e del 74% tra i genitori affetti.

Nessuno degli adulti che avevano ricevuto cure fin dall’infanzia è deceduto per malattie cardiovascolari durante il follow-up. Nel gruppo dei genitori affetti, sono deceduti prima dei 40 anni il 7% dei soggetti, tutti per infarto miocardico.

La progressione media dello spessore intima-media carotideo è risultata sovrapponibile nei pazienti con ipercolesterolemia familiare e nei fratelli non affetti, con variazioni annuali rispettivamente di 0,0056 mm e 0,0057 mm.

Ridurre il colesterolo LDL

Anche in questo studio si conferma come la terapia con statine sia non solo in grado di ridurre i livelli di colesterolo LDL ma anche di rallentare la progressione della malattia aterosclerotica.

Il lungo follow-up programmato ha permesso altresì di dimostrare come l’inizio di questa terapia già nell’infanzia sia in grado di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari in età adulta nei pazienti con ipercolesterolemia familiare.

 

Franco Folino

 

Ilse K. Luirink, et al. 20-Year Follow-up of Statins in Children with Familial Hypercholesterolemia. N Engl J Med 2019; 381:1547-1556.

 

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