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Meno ictus ischemici ed emorragici con alirocumab

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wikipedia commons, Bobjgalindo

In pazienti dislipidemici con recente sindrome coronarica acuta e già trattati con statine, l’impiego di alirocumab, un inibitore del PCSK9, ha ridotto il rischio di ictus.

Lo studio, pubblicato con libero accesso sulla rivista Circulation, ha rivelato inoltre come gli effetti positivi del farmaco si realizzavano indipendentemente dai valori di colesterolo LDL alla visita basale.

Alirocumab

Alirocumab è un anticorpo monoclonale umano, appartenente alla classe degli inibitori della proproteina convertasi subtilisina/kexina tipo 9 (PCSK9). Svolge la sua azione inibendo questa molecola che si lega al recettore epatico delle lipoproteine LDL, al fine di sottrarre il colesterolo dalla circolazione ematica.

Questo farmaco biotecnologico è già approvato per il commercio, ma l’impiego è limitato nei pazienti ad alto rischio, con ipercolesterolemia primaria o dislipidemia mista, resistenti alla terapia con statine.

Viene somministrato per iniezione sottocutanea, una volta ogni 2 settimane.

Abbassare le lipoproteine a bassa densità

Lo studio Odyssey è una sperimentazione in corso già da alcuni anni che ha fornito importanti informazioni sull’effetto di alirocumab in differenti popolazioni di pazienti con ipercolesterolemia. Già nel mese di luglio di quest’anno vi avevamo presentato un’analisi, pubblicata sulla rivista The Lancet Diabetes & Endocrinology, che evidenziava come il trattamento con questo farmaco, dopo una sindrome coronarica acuta, era in grado di far raddoppiare la riduzione degli eventi cardiovascolari tra i pazienti con diabete.

Questa nuova analisi affronta due aspetti: uno di efficacia e l’altro di sicurezza.

Con il primo i ricercatori si sono posti l’obbiettivo di verificare se alirocumab era in grado di ridurre il rischio di ictus ischemico in pazienti ipercolesterolemici con recente sindrome coronarica acuta.

Il secondo ha voluto esplorare la sicurezza del trattamento nei confronti di un supposto aumento del rischio di ictus emorragico, legato al raggiungimento di valori estremamente bassi di colesterolo LDL.

Alirocumab versus placebo

La sperimentazione ha coinvolto oltre 18.000 pazienti con recente sindrome coronarica acuta e livelli elevati di colesterolo LDL nonostante una terapia con statine. L’obbiettivo del trattamento era quello di ridurlo fino a livelli compresi tra 25 e 50 mg/dL, evitando peraltro il mantenimento prolungato di valori inferiori a 15 mg/dL.

È stato quindi valutato il rischio di ictus ischemico o emorragico non fatale o fatale, stratificato per concentrazione basale di LDL-C e storia di malattia cerebrovascolare, nel corso di un follow-up mediano di 2,8 anni.

I risultati dell’analisi hanno evidenziato come alirocumab abbia ridotto il rischio di ictus, in generale e di ictus ischemico in particolare, senza far aumentare l’incidenza degli ictus emorragici. A conferma di un’attività proporzionalmente maggiore nei pazienti con ipercolesterolemia più grave, è stato dimostrato come l’effetto di alirocumab era più intenso nei pazienti con livelli più elevati di colesterolo LDL alla visita basale.

Analizzando i gruppi di pazienti con o senza precedente malattia cerebrovascolare, lo studio ha evidenziato un effetto simile di alirocumab sul rischio di sviluppare un ictus in questi soggetti.

La sicurezza del farmaco nei confronti dell’ictus emorragico sembra essere peraltro slegata dalle concentrazioni minime di LDL raggiunte, visto che nessuna relazione è stata evidenziata tra queste due variabili.

Efficacia, sicurezza e costo

Questa nuova analisi dei dati raccolti dallo studio Odissey ha centrato in pieno i suoi obbiettivi. Da un lato si dimostra l’efficacia del farmaco nella prevenzione di un evento temibile come l’ictus. Dall’altro si conferma la sua sicurezza, almeno nei confronti dell’ictus emorragico.

I valori particolarmente ridotti di colesterolo LDL che vengono raggiunti nelle sperimentazioni con inibitori del PCSK9 lasciano sempre alcuna perplessità per quanto riguarda la sicurezza dei pazienti, che si vedono ridurre le LDL fino a valori prossimi ai 20mg/dl. I risultati di questo studio sembrano rassicuranti, ma andranno certamente confermati su altri endpoint e su follow-up più lunghi.

Tutti i risultati positivi ottenuti con l’utilizzo degli inibitori del PCSK9 si devono comunque confrontare con il costo elevati di questi trattamenti che inevitabilmente ne limita e ne limiterà l’impiego.

Sembra però ormai impossibile negarne l’utilizzo in pazienti ad alto rischio cardiovascolare in cui le statine si dimostrino scarsamente efficaci.

 

Franco Folino

 

 

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