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Uno smartwatch per rilevare la fibrillazione atriale

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Fino a non molti anni fa l’orologio da polso era destinato a fornire semplicemente l’ora esatta, o quasi. I modelli più sofisticati potevano fornire anche la data del calendario e addirittura le fasi lunari. Ai giorni nostri invece l’orologio, diventato smartwatch, ci fornisce una quantità enorme di dati, interagendo con tutte le nostre attività quotidiane e controllando in continuazione anche i nostri principali parametri vitali, mentre dormiamo o quando facciamo attività fisica.

Proprio sulla possibilità degli smartwatch di rilevare il segnale del battito cardiaco si è basato uno studio, pubblicato recentemente sul New England Journal of Medicine, e già presentato in anteprima lo scorso marzo al congresso della European Heart Rhythm Association. La ricerca ha valutato se l’orologio fosse in grado di rilevare la presenza di una fibrillazione atriale, un’aritmia che spesso si presenta in forma del tutto asintomatica, ma che può portare allo sviluppo di gravi complicazioni.

L’importanza di rilevare la fibrillazione atriale.

La fibrillazione atriale è un’aritmia che può essere del tutto asintomatica. Infatti, quando la frequenza cardiaca dell’aritmia non è eccessivamente elevata, e gli intervalli tra i battiti sono abbastanza regolari, il soggetto può non percepire questa alterazione del ritmo. Proprio il fatto che sia così subdola è la causa di uno dei suoi effetti più gravi: l’ictus.

Si valuta che circa un terzo di tutti gli ictus sia dovuto ad una fibrillazione atriale. Alcuni studi hanno stimato che circa il 24% degli ictus sia legato alla presenza di questa aritmia in forma “silente”. Si capisce così quanto sia importante fare una diagnosi quanto più tempestiva per identificare la fibrillazione atriale e iniziare tempestivamente una profilassi tromboembolica. Ma come fare?

La storia naturale della fibrillazione atriale è molto lunga. All’inizio può presentarsi saltuariamente, anche con episodi a distanza di anni. La sua durata è dapprima molto breve e poi si prolunga, fino ad essere permanente.

Il sistema di monitoraggio elettrocardiografico più utilizzato per cercare di rilevare questa aritmia è certamente quello eseguito con il metodo Holter, dove un registratore memorizza su un sopporto solido un tracciato elettrocardiografico della durata di 24 ore.

Considerando che la fibrillazione atriale, in particolare nelle sue fasi iniziali, può durare anche solo pochi secondi, e presentarsi con solo 2-3 episodi l’anno, si capisce come una registrazione elettrocardiografica di sole 24 ore ha scarsissime probabilità di rivelare l’aritmia.

Esistono sistemi che consentono un monitoraggio elettrocardiografico prolungato, in grado di coprire 7 o 14 giorni, ma anche in questo caso la risoluzione temporale può essere del tutto insufficiente per riuscire a registrare l’aritmia.

La registrazione elettrocardiografica continua

Il sistema ideale, potenzialmente in grado di rilevare anche i più rari e brevi episodi di fibrillazione atriale è quello che si dovrebbe basare su una registrazione continua dell’elettrocardiogramma, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, per mesi o addirittura anni.

Sistemi di questo tipo in realtà esistono. Hanno più o meno la grandezza di una matita, ma sono lunghi solo pochi centimetri. La loro batteria interna consente registrazioni che possono durare anche fino a 3-4 anni. Due sono però i difetti di questi sistemi: sono costosi e richiedono un piccolo intervento, perché vanno impiantati sotto la cute.

Esistono infine piccoli registratori da tenere in tasca e da porre sul petto per registrare un elettrocardiogramma nel momento in cui si percepisca un battito cardiaco irregolare. È chiaro però che se l’aritmia non causa sintomi sono del tutto inutili.

Il telefono, compagno di vita

Con l’arrivo dei moderni smartwatch si è aperta la possibilità di rilevare dati vitali da semplici sensori posti sul polso, anche se con una affidabilità tutta da dimostrare. Inizialmente queste applicazioni sono state dedicate agli sportivi per monitorare le prestazioni atletiche, fornendo informazioni come chilometri percorsi, calorie consumate e frequenza cardiaca. Successivamente sono iniziate a comparire applicazioni di tipo sanitario, in grado di misurare anche la pressione arteriosa.

Non poteva tardare il tentativo di registrare un’aritmia da fibrillazione atriale con uno smartwatch. Le cose però non sono così semplici.

Una cosa è registrare un elettrocardiogramma in continuo, dal polso, altra cosa è identificare con precisione una fibrillazione atriale. L’orologio può anche registrare l’elettrocardiogramma per mesi o anni, ma se non è in grado di capire che è iniziata una fibrillazione atriale il suo impiego è del tutto inutile.

Rilevare in modo automatico una fibrillazione atriale è peraltro cosa piuttosto complessa. Anche i collaudatissimi esami Holter spesso non sono in grado di identificarla, nonostante complessi algoritmi di analisi e registrazioni effettuate su 3 o più derivazioni con elettrodi posti sul torace.

La sua identificazione è resa difficile dal fatto che il battito cardiaco della fibrillazione atriale registrato da un elettrocardiogramma è quasi del tutto identico al battito cardiaco del ritmo normale. Un criterio diagnostico per la rilevazione automatica della fibrillazione atriale potrebbe essere la sua aritmicità, ovvero la non regolare comparsa dei battiti cardiaci. Purtroppo però in molti casi la fibrillazione atriale può non essere abbastanza “aritmica” da essere rilevata come ritmo anormale.

L’elettrocardiogramma dal polso

Negli ultimi anni l’impiego degli smartwatch per rilevare la fibrillazione atriale è stato oggetto di alcuni studi scientifici. Quest’ultima ricerca, finanziata da Apple, ha previsto l’uso di questo strumento per rilevare il battito cardiaco e un algoritmo di notifica in caso di battiti irregolari da possibile fibrillazione atriale. Sono state coinvolte oltre 400.000 persone per un periodo di 8 mesi.

Nei casi in cui si è attivata la notifica, i soggetti sono stati sottoposti ad una visita di telemedicina e hanno indossato per un massimo di 7 giorni un monitoraggio convenzionale con elettrodi sul torace.

L’obbiettivo principale dello studio è stato quello di valutare in che percentuale i pazienti che ricevevano una notifica di ritmo anormale avevano realmente una fibrillazione atriale.

Le notifiche di polso irregolare

La notifica di ritmo anormale si è attivata solo nello 0,52% dei soggetti coinvolti nella ricerca. Tra questi, una fibrillazione atriale è stata successivamente documentata e confermata nel 34% dei casi.

Va osservato che l’età media dei partecipanti era di 41 anni. Si tratta quindi di una popolazione molto giovane per presentare una fibrillazione atriale.

Anche se alcuni casi si può presentare in persone giovani, l’aritmia è decisamente più frequente dopo i 65 anni. L’età media della popolazione studiata potrebbe quindi spiegare la bassissima percentuale di soggetti in cui è stato rilevato un ritmo anormale e una fibrillazione atriale.

Il microchip del futuro

Questa ricerca non può certamente definire l’affidabilità del mezzo utilizzato per la diagnosi di fibrillazione atriale, per il semplice fatto che non è possibile determinare con certezza le rilevazioni falsamente negative. In realtà anche quello che nello studio sono state considerate rilevazioni positive potrebbero non esserlo, in quanto lo smartwatch potrebbe aver rilevato un ritmo anomalo legato ad altre aritmie e il successivo elettrocardiogramma aver rilevato casualmente una fibrillazione atriale. Evento certo improbabile, ma comunque non del tutto escludibile.

Lo studio ha comunque il pregio di aprire la strada ad ulteriori sperimentazioni in questo campo, per determinare con maggior precisione l’affidabilità dello smartwatch nell’identificazione dell’aritmia. Certo è che se arrivassimo a poter indossare un sistema non invasivo di monitoraggio, in grado di comunicarci prontamente la presenza di una fibrillazione atriale, si eviterebbero nel mondo milioni di ictus.

Per il futuro pare comunque inevitabile che arriveremo ad avere a disposizione un microchip da impiantare sotto la cute, in grado di rilevare costantemente le nostre funzioni vitali, segnalando attraverso il web al nostro medico le eventuali anomalie rilevate. Una sfida tecnologica che presto sarà vinta, una sfida per la tutela della privacy che forse non lo sarà mai.

 

 

Franco Folino

 

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