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Un solo antiaggregante a tre mesi dalla rivascolarizzazione coronarica

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copyright American Heart Association.

I pazienti che vengono sottoposti ad una rivascolarizzazione coronarica transcatetere vengono solitamente sottoposti ad un successivo regime terapeutico con doppia antiaggregazione piastrinica. Questo trattamento si è dimostrato efficace nel prevenire eventi cardiovascolari successivi, ma è purtroppo associato ad un inevitabile aumento del rischio emorragico e, proprio per questa ragione, si protrae solitamente solo per un anno.

Un recente studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha tentato di rivoluzionare questo assunto terapeutico proponendo il passaggio ad un singolo farmaco antiaggregante già tre mesi dopo la procedura di rivascolarizzazione. I risultati sono stati estremamente positivi.

Doppio o singolo antiaggregante

Lo studio si è svolto con un disegno in doppio cieco, confrontando sicurezza ed efficacia di due strategie terapeutiche differenti: solo ticagrelor o ticagrelor più aspirina.

Tre mesi dopo un intervento di rivascolarizzazione coronarica percutanea sono stati randomizzati oltre 7.000 pazienti ad alto rischio di sanguinamento o di un evento ischemico.

Dopo il primo periodo in cui assumevano tutti ticagrelor più aspirina, i pazienti hanno continuato ad assumere ticagrelor e sono stati assegnati in modo casuale a ricevere aspirina o placebo per 1 anno.

L’endpoint primario dello studio era il sanguinamento Academic Research Consortium (BARC) di tipo 2, 3 o 5.

Il trial ha anche valutato l’efficacia dei due trattamenti, valutando un endpoint composito di morte per qualsiasi causa, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale.

Solo ticagrelor

L’incidenza dell’endpoint primario è stata del 4% tra i pazienti che avevano assunto ticagrelor più placebo e del 7,1% tra i pazienti assegnati a ricevere ticagrelor più aspirina (hazard ratio 0,56).

Per quanto riguarda la valutazione dell’efficacia delle due strategie terapeutiche, l’incidenza di decessi per qualsiasi causa, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale è stata del 3,9% in entrambi i gruppi.

Un antiaggregante è sufficiente

Questo studio ha evidenziato come in pazienti ad alto rischio emorragico la monoterapia con ticagrelor si associata a una minore incidenza di sanguinamento clinicamente rilevante rispetto all’assunzione di ticagrelor più aspirina. Un risultato atteso, ma estremamente importante se si considera che non sono aumentati al contempo gli eventi ischemici.

Sarebbe ora interessante capire se anche i pazienti non ad alto rischio emorragico trarrebbero vantaggio da questo regime semplificato.

La ricerca fa inoltre capire che il doppio trattamento antiaggregante è particolarmente utile nelle prime fasi dopo la procedura di rivascolarizzazione, quando ci si trova in una “fase attiva” della malattia aterosclerotica, contrassegnata da fenomeni vascolari che mettono a rischio di ulteriori eventi ischemici.

Resta ora da attendere se, in un prossimo futuro, questa strategia di trattamento antiaggregante in monoterapia verrà recepito anche dalle linee guida.

 

Franco Folino

 

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