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Il trattamento degli anziani in terapia intensiva cardiologica: un nuovo “statement” dell’AHA

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Condizioni geriatriche come fragilità e il decadimento cognitivo possono inavvertitamente peggiorare quando i pazienti più anziani vengono curati in unità di terapia cardiaca intensiva, anche se ricevono un’eccellente cura per il loro infarto, insufficienza cardiaca, cardiopatia valvolare o embolia polmonare. A porre l’attenzione su questo aspetto è un nuovo statement dell’American Heart Association, pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Circulation.

Gli anziani in unità coronarica

Oltre alle condizioni cardiovascolari, molti pazienti più anziani hanno spesso comorbilità, assumono più farmaci, possono essere fragili o avere un decadimento cognitivo. La cura degli adulti più anziani nel reparto di terapia intensiva cardiaca è notevolmente diversa dalla cura dei pazienti più giovani, secondo la dichiarazione dell’AHA, che fornisce una panoramica di come le condizioni geriatriche possono influenzare la terapia cardiovascolare acuta.

“Trattare il paziente nel suo complesso – considerando il suo intero profilo di salute, piuttosto che concentrarsi solo sull’evento cardiovascolare acuto – è essenziale per raggiungere i migliori risultati possibili tra i pazienti geriatrici con malattie cardiovascolari acute”, ha affermato Abdulla A. Damluji, chair del gruppo di redazione per lo statement, assistente professore di medicina presso la Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, nel Maryland, e cardiologo interventista presso l’Inova Heart and Vascular Institute, di Falls Church, in Virginia.

Fattori emotivamente e fisicamente disorientanti

In un’unità di terapia intensiva cardiaca, i pazienti più anziani spesso sperimentano fattori che sono emotivamente e fisicamente disorientanti, come luci intense, rumore eccessivo, nuovi farmaci, cateteri urinari, turni dietetici, interruzioni del sonno e difficoltà di igiene.

“Per gli anziani più vulnerabili che potrebbero già sperimentare un declino cognitivo, l’ambiente nell’unità di terapia intensiva cardiaca può esaurire le capacità di far fronte alla situazione, già limitate, e potrebbe portare al delirio”, ha detto Damluji.

Il delirio

Il delirio è uno stato di grave disturbo della consapevolezza e dell’attenzione. Si verifica comunemente durante una malattia critica e contribuisce a un maggior rischio di morte in ospedale.

“Ridurre il livello di sedazione utilizzato nei pazienti più anziani può aiutare a mitigare il delirio, tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere appieno il modo migliore di trattare questa condizione nel contesto di una malattia cardiovascolare acuta”, ha affermato Damluji.

Il riposo a letto prolungato

Il riposo a letto prolungato, spesso necessario in un’unità di terapia intensiva, è dannoso per i pazienti di tutte le età. Per i pazienti più anziani, in condizioni critiche, che sono spesso fragili quando ricoverati nel reparto di terapia intensiva cardiaca, il riposo a letto può peggiorare significativamente la loro fragilità.

Con un’immobilità prolungata, si verifica spesso un ulteriore deterioramento della forza muscolare e della densità ossea, che può anche portare a una scarsa tolleranza ai farmaci, un aumentato rischio di caduta, un indebolimento della funzione cardiaca e piaghe da decubito.

La mobilizzazione precoce, facendo alzare il paziente dal letto appena possibile, può essere utile per alcuni pazienti per affrontare il problema della fragilità. Incoraggiare un adeguato movimento fisico può comportare meno debolezza, una migliore capacità di camminare e meno tempo nel reparto di terapia intensiva cardiaca.

Interazioni farmaco-farmaco e farmaco-malattia

Un altro problema affrontato dagli adulti più anziani ammessi all’unità di terapia intensiva cardiaca è che assumono in media 12 diversi farmaci, aumentando il rischio di effetti collaterali negativi, interazioni farmaco-farmaco e farmaco-malattia. I pazienti possono trarre beneficio dall’interruzione o dall’esclusione di alcuni dei loro farmaci, se possibile.

“Negli ultimi anni, l’American Heart Association e altre organizzazioni hanno posto l’accento sull’integrazione delle sindromi geriatriche nelle cure cardiovascolari per i pazienti più anziani, sebbene l’attuazione sia lenta. Le strategie per raggiungere un approccio di cura globale per ogni paziente rimangono un obiettivo importante per migliorare l’assistenza dei pazienti più anziani nel reparto di terapia intensiva cardiaca “, ha affermato Damluji.

Studi condotti su popolazioni giovani

La maggior parte degli studi clinici su come trattare le condizioni cardiovascolari acute sono state condotte su popolazioni giovani, tuttavia i loro risultati potrebbero non essere accurati per i pazienti più anziani. Nondimeno, secondo lo statement la maggior parte delle persone di età superiore agli 85 anni ha una malattia cardiovascolare e rischia di essere ricoverata in un’unità di terapia intensiva cardiaca per il trattamento di un evento acuto.

 

 

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