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Insufficienza cardiaca: nuovi risultati positivi per l’associazione sacubitril/valsartan

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copyright American Heart Association

Gli inibitori dell’angiotensina rappresentano da decenni il trattamento cardine per lo scompenso cardiaco, ma un cambiamento storico potrebbe essere ormai alle porte. Un recente studio, pubblicato sulla rivista JACC: Heart Failure, ha evidenziato migliori risultati clinici, in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri, con l’utilizzo di sacubitril-valsartan, in pazienti con insufficienza cardiaca sistolica, rispetto a un trattamento con ACE-inibitori e antagonisti del recettore dell’angiotensina.

Sacubitril-valsartan, la coppia perfetta

Sacubitril-valsartan è un farmaco di associazione, approvato nel 2015, indicato per il trattamento dell’insufficienza cardiaca.

È composto dal sacubitril, un inibitore della neprilisina, enzima che degrada i peptidi vasoattivi, inclusi i peptidi natriuretici, la bradichinina e l’adrenomedullina. Grazie a questa azione il farmaco fa quindi aumentare i livelli di queste molecole, causando vasodilatazione e una riduzione dei fluidi extracellulari attraverso l’escrezione di sodio.

Valsartan agisce anch’esso come vasodilatatore, bloccando il recettore dell’angiotensina II tipo 1. Questo recettore si trova sulle cellule muscolari lisce vascolari e sulle cellule della zona glomerulosa della ghiandola surrenale, responsabili della secrezione di aldosterone. Il blocco recettoriale di AT1 induce anch’esso una riduzione del volume dei fluidi extracellulari.

Lo studio PARADIGM-HF

Il trial PARADIGM-HF ha rappresentato la base per l’approvazione del farmaco dalla FDA nel 2015.

Lo studio, di fase III, ha confrontato il trattamento con sacubitril/valsartan con il trattamento con enalapril, in pazienti con insufficienza cardiaca e frazione di eiezione ventricolare sinistra ridotta.

Il trial è stato interrotto prima del previsto, dopo che un’analisi intermedia aveva evidenziato una riduzione dell’endpoint primario di morte cardiovascolare o ricovero per insufficienza cardiaca nel gruppo sacubitril/valsartan rispetto a quello trattato con enalapril.

Anche l’analisi condotta su singoli eventi clinici ha evidenziato una riduzione significativa di eventi nel gruppo sacubitril/valsartan, tra cui la morte cardiovascolare (13.3% versus 16.5%) e l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco che si è ridotta del 21%.

Sacubitril/valsartan versus ACE-I/ARB

Questo nuovo studio ha voluto estendere il confronto, comparando i risultati clinici di sacubitril/valsartan con quelli degli ACE-inibitori e degli antagonisti recettoriali dell’angiotensina.

I ricercatori hanno derivato i pazienti da una banca dati statunitense, includendo nell’analisi oltre 7.800 coppie abbinate di soggetti.

Nel corso di un follow-up medio di 6,3 mesi, l’associazione sacubitril-valsartan è risultata associata a un minor rischio di mortalità per tutte le cause o di ricovero per tutte le cause (Hazard ratio 0,86). Al contrario non sono stati evidenziati vantaggi della terapia di combinazione per quanto riguarda il ricovero per scompenso cardiaco.

I ricercatori sottolineano come la riduzione del rischio per l’endpoint principale dello studio non si sia verificata nei pazienti di colore. A questo riguardo va ricordato con nello studio PARADIGM-HF solo il 5% dei partecipanti era di colore, mentre in questo rappresentavano circa il 20%. Non sono state invece osservate differenze statisticamente significative nella risposta al trattamento considerando genere o età.

Sacubitril/valsartan alla ribalta

Negli ultimi anni differenti studi hanno messo in luce i vantaggi clinici e la sicurezza di una terapia con sacubitril/valsartan nei pazienti con scompenso cardiaco, e non solo. Questa nuova ricerca aggiunge nuove conferme evidenziando chiari vantaggi per quanto riguarda la mortalità e il ricovero per scompenso cardiaco.

Le linee guida della Società Europea di Cardiologia, che datano ormai il 2016, considerano l’associazione sacubitril/valsartan ancora poco matura, asserendo che nonostante la superiorità di sacubitril/valsartan, permangono alcuni importanti problemi di sicurezza da definire. Concludono con una frase indicativa: “Long-term safety needs to be addressed.”

Nel documento l’associazione sacubitril/valsartan è raccomandata, in classe I, evidenza B, in sostituzione di un ACE inibitore, per ridurre ulteriormente il rischio di ricovero in ospedale e morte in pazienti ambulatoriali (Classe NYHA II-IV), con scompenso cardiaco e frazione di eiezione ridotta, che rimangono sintomatici nonostante il trattamento ottimale con un ACE inibitore, un beta-bloccante e un antagonista recettoriale dei mineralcorticoidi.

Dal momento in cui sono state redatte queste linee guida molte altre sperimentazioni sono state pubblicate. Nella prossima versione delle linee guida assisteremo forse ad una “promozione” di questo trattamento, ma i più datati ACE inibitori sono probabilmente destinati a mantenere, almeno per il momento, la loro posizione privilegiata.

 

Franco Folino

 

 

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