La presenza di cellule B all’interno di gruppi più grandi di cellule immunitarie può essere utilizzata per prevedere una risposta positiva all’immunoterapia in alcuni pazienti con cancro. A rivelarlo sono tre recenti studi pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Nature.
Questa scoperta può aiutare a migliorare l’assistenza ai pazienti e favorire lo sviluppo di agenti terapeutici più efficaci contro il cancro.
L’immunoterapia per combattere il cancro
L’immunoterapia sfrutta il sistema immunitario del paziente per combattere il cancro. Sebbene questo approccio abbia migliorato il trattamento del cancro, solo il 20% dei pazienti ottiene benefici clinici duraturi, stimolando la ricerca di biomarcatori in grado di prevedere la risposta al trattamento in ciascun paziente.
Le strutture linfoidi terziarie
Tre studi separati dimostrano che quando le cellule B, componenti essenziali del sistema immunitario, formano aggregati cellulari, noti come strutture linfoidi terziarie, la risposta all’immunoterapia migliora. Gli autori delle ricerche, Wolf Fridman e colleghi, Jennifer Wargo e colleghi, e Göran Jönsson e colleghi, riportano come questo effetto sia stato evidenziato nel melanoma metastatico, nel sarcoma dei tessuti molli e nel carcinoma a cellule renali,
Un nuovo potenziale biomarcatore
Questo nuovo potenziale biomarcatore si aggiunge alla crescente lista di fattori prognostici clinici, che includono una maggiore attività immunitaria, un carico mutazionale e la composizione del microbioma del paziente. Le attuali immunoterapie approvate dalla FDA mirano a stimolare l’attività di un diverso sottoinsieme di cellule immunitarie, note come cellule T killer, ma i nuovi studi evidenziano il potenziale valore delle terapie che colpiscono diversi tipi di cellule immunitarie.