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Migliora la sopravvivenza dopo il trapianto di cellule ematopoietiche

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Grazie al di cellule ematopoietiche allogeniche, le morti per cancro sono diminuite del 34% tra il 2013 e il 2017 rispetto ai pazienti trattati tra il 2003 e il 2007. Mentre la sopravvivenza è migliorata, la morte dovuta a recidiva rimane un grave problema. Sono questi i risultati di uno studio di coorte pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Annals of Internal Medicine.

Il trapianto di cellule ematopoietiche

Le cellule ematopoietiche trapiantate da un donatore possono ricostituire il midollo osseo e aiutare a eliminare le cellule tumorali nei pazienti con leucemia e altre malattie. Il Fred Hutchison Cancer Research Center è specializzato in questo tipo di terapia e in precedenza ha riferito che i risultati sono migliorati per i pazienti che hanno ricevuto trapianti di midollo osseo dagli anni ’90, ma molti pazienti hanno continuato a sperimentare complicazioni pericolose o mortali. Non era stato valutato fino ad oggi se questi miglioramenti erano continuati anche alla metà degli anni 2000.

Trapianto di cellule emopoietiche: il miglioramento della sopravvivenza

I ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center hanno confrontato le coorti che hanno avuto trapianti di midollo osseo nel periodo 2003-2007 rispetto a quelle sottoposte ad intervento nel periodo 2013-2017, per determinare se la sopravvivenza fosse migliorata negli ultimi dieci anni e notare gli impedimenti che possono potenzialmente limitare risultati migliori.

La coorte più recente era più anziana, con più comorbidità alla visita basale. Sono stati analizzati gli outcome di sopravvivenza, insieme alle complicanze correlate al trapianto.

Trapianto di cellule emopoietiche: la diminuzione della mortalità

I ricercatori hanno scoperto che negli ultimi 25 anni, la frequenza della mortalità non da recidiva al giorno 200 è progressivamente diminuita (dal 30% al 16% e ora all’11%), mentre anche i tassi di recidiva sono diminuiti.

I tassi di complicanze infettive, gastrointestinali, renali e respiratorie sono risultati diminuiti e in alcuni casi le complicanze che si erano verificate erano complessivamente meno gravi.

Secondo gli autori, questi miglioramenti derivano probabilmente dall’accumulo di molti progressi individuali e incrementali nella terapia di condizionamento, nella profilassi della malattia del trapianto contro l’ospite, nel dosaggio del prednisone, nel controllo delle infezioni e nelle cure di supporto.

Anche se questi risultati sono considerati incoraggianti, essi si riferiscono solo a un’era precedente. In termini assoluti, la frequenza della mortalità complessiva tra il 2013 e il 2017 è stata del 40 percento e questa percentuale aumenterà senza dubbio con un ulteriore prolungamento del follow-up.

 

 

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