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Coronavirus: con misure preventive poco rigorose, picco più elevato e quasi il triplo di decessi

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Immagine del coronavirus
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Un nuovo modello che prevede il decorso della pandemia di COVID-19 in Italia, utilizzando i dati epidemiologici disponibili, è riportato in un articolo pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Nature Medicine. Questo modello considera otto fasi di infezione e differenzia le persone diagnosticate da quelle non diagnosticate. Si tratta di uno strumento che potrebbe fornire ai responsabili politici in Italia, ma anche a quelli di altri paesi, uno strumento con cui valutare le conseguenze delle possibili strategie di prevenzione, tra cui blocco degli spostamenti e distanziamento sociale, nonché test diagnostici e tracciamento dei contatti.

Lo studio mostra che le misure di allontanamento sociale adottate sono necessarie ed efficaci e dovrebbero essere prontamente applicate nella fase iniziale. I risultati suggeriscono che le misure di blocco possono essere alleviate in sicurezza solo in presenza di test diagnostici estesi a una grande fetta della popolazione e con una tracciabilità dei contatti interpersonali.

Coronavirus: strategie multiple a livello di popolazione

La fine della pandemia globale COVID-19 richiede l’implementazione di strategie multiple a livello di popolazione, ma l’efficacia di tali strategie e la loro capacità di “appiattire la curva” rimane incerta.

Giulia Giordano e colleghi descrivono un nuovo modello epidemiologico per la pandemia di COVID-19, chiamato “SIDARTHE”, che distingue tra casi rilevati (diagnosticati) e casi non rilevati (non diagnosticati) e tra diverse gravità della malattia. Hanno inoltre diviso la popolazione in otto fasi della malattia: suscettibile (non infetto); infetto (asintomatico o con pochi sintomi, infetto, non rilevato); diagnosticato (infetto asintomatico, rilevato); malato (sintomatico infetto, non rilevato); riconosciuto (infetto sintomatico, rilevato); minacciato (infetto da sintomi potenzialmente letali, rilevato); guarito (recuperato); estinto (morto).

Coronavirus: l’epidemia in Italia

Gli autori hanno utilizzato i dati epidemiologici rilevati in Italia dal 20 febbraio 2020 (giorno 1) al 5 aprile 2020 (giorno 46) per evidenziare come le restrizioni progressive, incluso il blocco più recente applicato dal 9 marzo 2020, abbiano influenzato la diffusione della pandemia in Italia. Gli autori hanno anche modellato possibili scenari a lungo termine degli effetti di varie contromisure, tra cui il distanziamento sociale, la tracciabilità dei contatti e i test a livello di popolazione. Il modello prevedeva che il numero massimo delle persone con infezione simultanea effettiva si sarebbe verificato intorno al giorno 50, diffondendosi allo 0,19% della popolazione; tuttavia, il numero massimo di persone rilevate infette contemporaneamente si verificherebbe circa una settimana dopo.

Le campagne di test diagnostici possono ridurre il picco di infezione

I risultati confermano l’ipotesi che le campagne di test diagnostici possano ridurre il picco di infezione e potrebbero aiutare a porre fine alla pandemia più velocemente. Il modello non considera la ridotta disponibilità di cure mediche a causa del raggiungimento o addirittura del superamento della sua capacità da parte del sistema sanitario, ma gli autori notano che queste analisi possono essere eseguite indirettamente. Ad esempio, quando il numero di persone gravemente colpite è elevato, il rapporto di mortalità sarà aumentato a causa di un numero insufficiente di unità di terapia intensiva (ICU).

Gli autori hanno anche scoperto che l’attuazione parziale delle misure di blocco comporterebbe un ritardo nel picco delle persone con infezione simultanea e dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, ma con una riduzione solo moderata del numero totale di persone infette e di ricovero in terapia intensiva.

Al contrario, l’implementazione di strategie di distanziamento sociale molto forti porterebbe ad un picco inferiore di persone e pazienti infetti contemporaneamente ammessi alla terapia intensiva, con una marcata riduzione del numero totale di persone infette e di ricoveri in terapia intensiva a causa della malattia. Gli autori stimano che con un blocco rigoroso ci sarebbero circa 25.000 morti nel primo anno, mentre con un blocco meno rigoroso queste salirebbero a 70.000.

 

 

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