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Remdesivir nel trattamento di COVID-19

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Immagine del coronavirus
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Nelle ultime settimane sono stati pubblicati alcuni studi sull’efficacia di remdesivir nel trattamento dell’infezione COVID-19. I risultati sono piuttosto contrastanti. Solo due di questi studi sono stato svolti con un disegno randomizzato e controllato. Gli altri sono studi osservazionali. Da uno dei due studi randomizzati emergono risultati sostanzialmente negativi, mentre dagli altri sembrano prospettarsi effetti estremamente positivi.

Remdesivir nel trattamento di COVID-19: inibire la replicazione virale

Remdesivir è nato da una collaborazione tra Gilead Sciences, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) e l’Istituto di ricerca medica dell’esercito americano per le malattie infettive (USAMRIID).

Lo scopo era quello di identificare agenti terapeutici per il trattamento dei virus a base di RNA, con un potenziale pandemico globale.

Remdesivir è un profarmaco che viene metabolizzato per via intracellulare in un analogo dell’adenosina trifosfato, in grado di inibire l’RNA polimerasi virale. Remdesivir ha attività ad ampio spettro antivirale, tra cui filovirus, come Ebola, paramyxovirus, pneumovirus e coronavirus.

In vitro, remdesivir inibisce tutti i coronavirus umani e animali testati, incluso SARS-CoV-2, e ha mostrato un’attività antivirale ed effetti clinici in modelli animali di SARS-CoV-1 e di sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS).

In un modello animale di SARS-CoV-2, la somministrazione precoce di remdesivir ha evidenziato significativi effetti antivirali e clinici.

Remdesivir nel trattamento di COVID-19: uno studio osservazionale

Uno studio osservazionale pubblicato nelle ultime settimane sul New England Journal of Medicine mette in luce una possibile efficacia di remdesivir nel trattamento della malattia COVID-19.

Pur non trattandosi di un vero e proprio trial clinico, i risultati evidenziano elevate percentuali di malati che traggono beneficio da questo farmaco.

In questa ricerca gli autori hanno trattato su base compassionevole 53 pazienti con infezione da SARS-CoV-2 confermata che avevano una saturazione di ossigeno del 94% o inferiore in aria ambiente o ricevevano ossigeno. Sono stati trattati con un ciclo di remdesivir della durata di 10 giorni (200 mg somministrati per via endovenosa il giorno 1, seguiti da 100 mg al giorno per i restanti 9 giorni di trattamento).

Durante un follow-up mediano di 18 giorni, il 68% dei pazienti ha evidenziato un miglioramento. Il 57% dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica sono stati estubati. È deceduto il 13% dei malati, con una mortalità del 18% nei pazienti che ricevevano ventilazione invasiva e del 5% tra quelli che non la ricevevano.

Gli autori concludono sottolineando l’elevata percentuale di pazienti che sono migliorati con il trattamento, ma ammettono la necessità di studi clinici randomizzati, controllati con placebo.

Remdesivir nel trattamento di COVID-19: uno studio negativo

Il primo studio randomizzato e controllato su remdesivir che vi vogliamo presentare è stato pubblicato lo scorso aprile sulla rivista The Lancet. Maggiori dettagli su questa sperimentazione potete trovarli in un nostro precedente articolo.

La ricerca si è svolta in dieci ospedali di Hubei, in Cina. I pazienti inclusi nello studio erano ricoverati in ospedale con infezione da SARS-CoV-2 confermata in laboratorio, con un intervallo dall’esordio dei sintomi all’arruolamento di 12 giorni o meno.

La velocità di miglioramento clinico è stata maggiore nei pazienti in trattamento attivo, ma purtroppo non ha raggiunto la significatività statistica.

In questo studio gli autori concludono che remdesivir non è stato associato a benefici clinici statisticamente significativi. Sottolineano che la maggiore velocità del miglioramento clinico in quelli trattati più precocemente richiede la conferma in studi più ampi.

Remdesivir nel trattamento di COVID-19: uno studio positivo

Il secondo studio randomizzato che proponiamo alla vostra attenzione è stato pubblicato a fine maggio sul New England Journal of Medicine.

Lo studio è stato condotto con un disegno in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo su 1.063 pazienti. Nell’analisi finale sono stati inclusi i dati di 1.059 di loro che erano stati assegnati in modo casuale a ricevere remdesivir (dose di carico di 200 mg al giorno 1, seguiti da 100 mg al giorno per un massimo di 9 giorni aggiuntivi) o placebo per un massimo di 10 giorni.

I risultati sono subito apparsi così importanti che il comitato di monitoraggio dei dati e della sicurezza ha raccomandato la loro rapida pubblicazione. I pazienti che avevano ricevuto remdesivir hanno avuto un tempo di recupero mediano di 11 giorni, rispetto ai 15 giorni del gruppo di controllo.

Le stime sulla mortalità a 14 giorni erano del 7,1% nei pazienti trattati con remdesivir e dell’11,9% nei soggetti di controllo.

Gli eventi avversi gravi nei due gruppi di trattamento attivo e controllo si sono verificati con percentuali rispettivamente del 21,1% e del 27,0%.

In questo caso gli autori non esprimono dubbi, mettendo in risalto che grazie a remdesivir il tempo di recupero negli adulti ricoverati in ospedale con Covid-19 si è ridotto in modo significativo.

Remdesivir nel trattamento di COVID-19: i piatti della bilancia

Guardando alle differenti sperimentazioni pubblicate sull’argomento sembrano emergere dati a favore di un trattamento con remdesivir nei pazienti affetti da COVID-19.

Pur nella frenetica ricerca di un trattamento efficace contro la malattia, va peraltro sottolineato che l’utilizzo di questo farmaco è stato valutato in questi studi solo in termini di tempi di velocità di guarigione. Nulla può essere detto per quanto riguarda la sopravvivenza.

Con il crescere del numero dei casi di COVID-19 c’è da attendersi l’arrivo di altre sperimentazioni che riguardano remdesivir. Speriamo portino altre utili informazioni, chiarendo in particolare qual è il momento migliore per iniziare il trattamento. Quanto precoce può e deve essere per portare maggiori benefici.

Va peraltro osservato che nonostante l’uso di remdesivir, o di altri agenti antivirali, la mortalità della malattia resta elevata. L’utilizzo di questi farmaci non sembra quindi sufficiente per combatterla in modo completo ed efficace.

 

Franco Folino

 

 

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