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Gli adattamenti genetici del pesce lumaca per vivere nelle zone più profonde degli oceani

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from the U.S. National Oceanic and Atmospheric Administration.

La forma, la struttura e il genoma di alta qualità di un Liparidae, il pesce lumaca, sono riportati in un articolo pubblicato online nei giorni scorsi sulla rivista Nature Ecology & Evolution. Questo studio rivela gli adattamenti che consentono al pesce lumaca di sopravvivere alle profondità estreme, al buio e alla elevata pressione della Fossa delle Marianne.

Le profondità degli oceani

Le zone più profonde dell’oceano si trovano tra 6 e 11 km al di sotto della superficie. Conosciuta come hadal zone, o zona adopelagica, è tra le aree più ostili al mondo, a causa dell’elevata pressione idrostatica, dell’oscurità, delle basse temperature, della bassa concentrazione di ossigeno e delle scarse risorse alimentari presenti.

Ciononostante, sono state identificate centinaia di specie in questa zona marina, inclusi i pesci lumaca. I pesci di mare sono i migliori predatori nella catena alimentare e dominano la fauna ittica.

Gli adattamenti al mare profondo

Wen Wang e colleghi hanno catturato diversi pesci lumaca da più punti della Fossa delle Marianne, a circa 7 km di profondità. A differenza dei loro parenti che vivono nelle pozze di marea, questi pesci hanno dimostrato diversi adattamenti al mare profondo, tra cui la pelle trasparente, lo stomaco grosso, i muscoli più sottili, gli scheletri leggermente ossificati e i crani incompletamente chiusi.

Gli autori hanno scoperto che l’osteocalcina, un gene che regola la mineralizzazione dei tessuti e lo sviluppo scheletrico, nel pesce chiocciola è troncata. Questo può contribuire al cranio insolito del pesce e allo scheletro morbido. Coerentemente con la vita in un ambiente buio, il pesce lumaca ha perso diversi geni fotorecettori, con conseguente scarsa visione alla luce. Gli autori hanno anche trovato più copie di geni che rendono le membrane cellulari più fluide, il che probabilmente aiuta le cellule a funzionare alle pressioni estreme presenti nelle profondità dell’oceano.

Gli autori concludono che la disponibilità di questo genoma potrebbe aiutare ad mettere in luce i fenomeni di adattamento delle specie animali agli ambienti estremi delle profondità marine.

 

 

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