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I farmaci antisecretori gastrici possono causare anemia

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I casi di anemia sono molto frequenti nella popolazione, con una prevalenza che in Italia e in Europa supera il 20%. L’anemia da carenza di ferro rappresenta la forma di più comune riscontro nella pratica clinica ed è solitamente causata da uno scarso introito alimentare, da un alterato assorbimento intestinale o da perdite ematiche.

Esiste però un’altra causa che può indurre un ridotto assorbimento di ferro: l’utilizzo di farmaci antisecretori gastrici, sia inibitori di pompa protonica (PPI) che antagonisti del recettore H2 dell’istamina (H2RA).

L’acidità gastrica facilita l’assorbimento di ferro non-eme, permettendo il rilascio di ferro dal cibo e la sua conversione in forma ferrosa, più facilmente assorbibile. I farmaci antisecretori, riducendo l’acidità dello stomaco possono così causare un ridotto assorbimento del ferro introdotto con gli alimenti.

Considerando la vasta diffusione di questi farmaci, sempre più spesso utilizzate come protettori gastrici nei pazienti politrattati, in modo più o meno giustificato, si capisce quanto consistente possa essere il loro contributo nel provocare casi di anemia sideropenica. Basti pensare che il pantoprazolo, stando ai dati OsMed 2016, è stato il farmaco che più ha contribuito alla quota di spesa sanitaria (2,60%) in Italia nel periodo 2012-2016.

Fino ad ora però pochi studi avevano fornito informazioni precise sull’impatto reale di questi farmaci sui casi di sideropenia.  A colmare questa lacuna, arriva ora sulla rivista Gastroenterology una sperimentazione che ha valutato la relazione tra l’uso a lungo termine di farmaci antisecretori e la successiva diagnosi di carenza di ferro.

Sono stati confrontati nell’analisi due gruppi di pazienti tratti dal Kaiser Permanente, Northern California health care system: 77.046 con diagnosi di carenza di ferro e 389.314 soggetti di controllo.

I risultati hanno evidenziato come i casi di carenza di ferro sonno stati più frequenti tra i pazienti che avevano assunto PPI per due o più anni prima della diagnosi (3,0% vs 0,9%) o H2RA per un simile periodo di tempo (1,4% vs 0,6%). Tra le persone che assumevano PPI per due o più anni, una più alta dose media giornaliera è stata più significativamente associata ad una carenza di ferro, rispetto chi assumeva dosi più basse. A controprova della relazione esistente tra antisecretori e sideropenia, l’analisi ha evidenziato che dopo la cessazione di questi farmaci questa associazione si indeboliva. Infine, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, i casi di carenza di ferro per chi era in trattamento con antisecretori sono stati più frequenti nei pazienti nelle fasce di età 30-39 (OR 4.84) e 50-59 (OR 3.87), rispetto ai pazienti più anziani.

Questo studio, contemplando nell’analisi tutti i fattori confondenti potenzialmente coinvolti, dimostra con chiarezza un consistente effetto dei farmaci antisecretori nella genesi di una carenza di ferro. Ne conseguono alcune raccomandazioni principali: maggiore attenzione all’appropriatezza della prescrizione di PPI e H2RA, l’utilizzo della dose efficace più bassa, evitare, per quanto possibile, prolungate esposizioni a questi farmaci.

 

 

Lam JR, et al. Proton Pump Inhibitor and Histamine-2 Receptor Antagonist Use and Iron Deficiency. Gastroenterology 2017;152:821–829.

 

 

 

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