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Fibrillazione atriale e diabete: minori rischi di complicanze e minore mortalità con gli anticoagulanti diretti

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L'innesco di una fibrillazione atriale

Un recente studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Annals of Internal Medicine, ha dimostrato come nei pazienti diabetici con fibrillazione atriale gli anticoagulanti orali diretti erano associati a minori rischi di complicanze del diabete e a una minore mortalità, rispetto a quelli che assumevano il warfarin.

Un minor rischio di eventi emorragici

Da molti anni ormai gli anticoagulanti orali diretti stanno progressivamente sostituendo l’utilizzo degli antagonisti della vitamina K nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare. Questi nuovi farmaci offrono certamente molti vantaggi rispetto ai predecessori, riducendo in particolare il rischio di sviluppare eventi emorragici.

Inoltre, gli anticoagulanti diretti non richiedono frequenti prelievi ematici per il monitoraggio dello stato emocoagulativo, semplificano così l’utilizzo di questi farmaci a pazienti che devono assumerli per il resto della loro vita.

Anche se alcune perplessità erano state espresse riguardo la reversibilità del loro effetto, lo sviluppo di specifici antidoti e, soprattutto, la loro breve emivita, li rendono comunque sicuri anche quando sono richieste procedure chirurgiche in urgenza.

D’altra parte, l’impiego degli anticoagulanti diretti richiede un regolare controllo della funzionalità renale del paziente, adeguando di conseguenza la loro posologia.

Negli ultimi anni sono stati esplorati anche altri effetti ancillari degli anticoagulanti diretti e questo nuovo studio ha voluto esplorare l’effetto protettivo di questi farmaci nei pazienti con diabete che presentavano una fibrillazione atriale.

Complicanze del diabete e mortalità

Un gruppo di ricercatori, coordinato dalla Tzu Chi University, di Taiwan, ha così deciso di confrontare il rischio di sviluppare complicanze e la mortalità tra i pazienti con fibrillazione atriale e diabete mellito, trattati con anticoagulanti orali diretti o con warfarin.

Lo studio, retrospettivo, ha analizzato i dati del database nazionale collegato all’assicurazione sanitaria nazionale di Taiwan, considerando le registrazioni effettuate tra il 2012 e il 2017.

Sono stati valutati quattro endpoint principali: complicanze macrovascolari (esito composito di malattia coronarica, ictus e malattia vascolare periferica), complicanze microvascolari (esito composito di retinopatia, neuropatia, dialisi e amputazioni degli arti inferiori), emergenza glicemica (esito composito di chetoacidosi diabetica, stato iperglicemico iperosmolare e ipoglicemia) e mortalità per tutte le cause.

Gli endpoint secondari includevano le singole componenti degli esiti compositi e la mortalità cardiovascolare e non cardiovascolare.

Anticoagulanti diretti versus warfarin

Nel complesso sono stati inclusi i dati di 19.909 pazienti che avevano assunto anticoagulanti diretti e di 10.300 pazienti che avevano utilizzato il warfarin. I pazienti che avevano assunto anticoagulanti diretti hanno evidenziato un rischio significativamente inferiore di sviluppare complicanze macrovascolari (HR 0,84), microvascolari (HR, 0,79) ed emergenze glicemiche (HR, 0,91). Anche la mortalità è risultata inferiore nei soggetti trattati con anticoagulanti diretti (HR, 0,78).

Anche le analisi che hanno considerata anche tutti i fattori confondenti del caso, sviluppate utilizzato un punteggio di propensione, hanno evidenziato risultati simili.

Analizzando i sottogruppi divisi per età, sesso e livello della struttura ospedaliera di afferenza, è peraltro emerso che nel sottogruppo di pazienti con un’età inferiore a 65 anni la riduzione del rischio non ha raggiunto la significatività statistica.

I ricercatori non hanno sviluppato analisi separata per i diversi anticoagulanti diretti utilizzati e non erano disponibili informazioni sullo stile di vita dei pazienti e sui loro esami di laboratorio.

Meccanismi protettivi

Questo studio mette chiaramente in risalto come i pazienti diabetici con fibrillazione atriale abbiano un rischio inferiore di sviluppare complicanze del diabete e una minore mortalità. Gli autori ammettono che la ricerca, retrospettiva, non può determinare quali siano i meccanismi che intervengono in questo effetto favorevole per la salute, ma propongono alcune ipotesi. Tra queste propendono per un effetto negativo indotto dall’inibizione della vitamina K, piuttosto che un effetto favorevole specifico degli anticoagulanti diretti. Secondo i ricercatori, la vitamina K potrebbe favorire la sensibilità all’insulina, la tolleranza al glucosio, sopprimere lo stress ossidativo e le risposte infiammatorie.

Va peraltro ricordato che i fattori della coagulazione possono influenzare in modo favorevole i processi cellulari che sono coinvolti nella patogenesi dell’aterosclerosi. In questo senso sono disponibili dati sperimentali che in modelli animali che devono però essere confermati nell’uomo.

 

 

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