Home Cardiologia Trovate microplastiche nelle placche aterosclerotiche ed evidenziato il loro fattore prognostico negativo

Trovate microplastiche nelle placche aterosclerotiche ed evidenziato il loro fattore prognostico negativo

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Negli ultimi anni il problema dell’inquinamento causato dalla plastica ha suscitato molta attenzione a causa dei suoi effetti sull’ambiente. L’impatto della plastica di grandi dimensioni è ben visibile e riconosciuto ormai da molto tempo. Negli ultimi tempi stanno però suscitando una crescente preoccupazione anche le conseguenze legate alle nanoplastiche e alle microplastiche, pur se meno evidenti, in particolare per la loro invasività.

Le nanoplastiche e le microplastiche sono minuscole particelle risultanti dalla decomposizione di oggetti di plastica più grandi, che minacciano gli ecosistemi e, di conseguenza la salute umana.

Un recente studio, pubblicato sulle autorevoli pagine del New England Journal of Medicine, ha evidenziato la presenza di micro e nanoplastiche all’interno delle placche carotidee. Non solo, ha anche dimostrato che i pazienti in cui sono state rilevate queste sostanze avevano un rischio più elevato di infarto miocardico, ictus o morte per qualsiasi causa.

Nanoplastiche e microplastiche

La plastica è una sostanza che invade la nostra vita quotidiana, siamo completamente circondati da questo materiale e sembra non si possa rinunciare al suo impiego. Enormi quantità di plastica continuano ad essere prodotte, mentre solo una piccola parte viene riciclata e la restante (circa l’80%) si accumula nell’ambiente.

La plastica subisce un lento ma costante degrado, legato agli eventi atmosferici, alla frantumazione negli oceani, nei fiumi e nel terreno. Si formano così le microplastiche, frammenti di dimensioni minori di 5 mm, e le nanoplastiche, le cui dimensioni sono inferiori a 1000 nanometri.

Nel corso degli ultimi anni diversi studi hanno evidenziato che queste minuscole particelle possono entrare nel corpo umano e depositarsi nei tessuti. La via di accesso è solitamente l’ingestione, ma possono invaderci anche per inalazione e addirittura per esposizione cutanea.

Così, con il tempo, queste sostanze si accumulano nel nostro corpo e sono state ritrovate in organi come polmoni, fegato e compaiono poi nel sangue e anche nel latte materno. Micro e nanoplastiche esercitano quindi effetti tossici che portano a fenomeni di citotossicità, alterazioni del metabolismo cellulare, stress ossidativo, danni al DNA e fenomeni infiammatori. Alterazioni che possono avere un ruolo rilevante anche nei processi di carcinogenesi.

Dove si nascondono?

Queste minuscole particelle di plastica si infiltrano in vari ecosistemi. Gli oceani sono i principali serbatoi di microplastiche e nanoplastiche, dove sono state ritrovate anche in zone ben lontane dalla costa. Queste sostanze le ritroviamo però anche nel terreno, nell’aria e persino all’interno di altri organismi, come i pesci, che poi noi mangiamo.

Una presenza così pervasiva di questi minuscoli frammenti di plastica solleva preoccupazioni proprio per la sua scarsa visibilità che contrasta con un impatto enorme su ambiente e salute.

Se la vita marina sembra particolarmente esposta a questo tipo di inquinamento, portando a conseguenze dannose lungo tutta la catena alimentare, anche il suolo, e di conseguenza la vita vegetale, non è però esente da questa calamità.

Micro e nanoplastiche: lo studio

In questo nuovo studio i ricercatori hanno valutato in modo prospettico pazienti sottoposti a endoarteriectomia carotidea per malattia asintomatica dell’arteria carotide. I campioni di placca asportata sono stati poi analizzati per rivelare la presenza di micro e nanoplastiche.  L’endpoint primario era un composito di infarto miocardico, ictus o morte per qualsiasi causa, confrontando i pazienti che avevano, o meno, queste sostanze nelle placche carotidee.

Grazie a tecniche di microscopia elettronica, i ricercatori hanno rivelato la presenza di polietilene nella placca dell’arteria carotide nel 58,4% dei soggetti valutati. Nel 12,1% dei pazienti sono state rilevate quantità misurabili di polivinilcloruro. Sono state identificate particelle estranee tra i macrofagi della placca e sparse nei detriti esterni.

Ma veniamo all’endpoint principale. Ebbene, i pazienti che presentavano micro e nanoplastiche nelle placche avevano un rischio più elevato di sviluppare un infarto del miocardio, un ictus o di morire, per qualsiasi causa, nei 34 mesi di follow-up, con un rapporto di rischio di 4,53.

Plastiche e aterosclerosi

Se già precedenti studi avevano rilevato micro e nanoplastiche nel sangue e in diversi organi non sorprende poi molto ritrovarle anche nelle placche aterosclerotiche.

La formazione delle placche aterosclerotiche è un processo complesso che si basa su un progressivo accumulo di depositi lipidici, cellule infiammatorie e tessuto fibroso sulla parete interna delle arterie.

Inizia con lesioni microscopiche nella parete arteriosa, spesso causate da stress meccanico o infiammazione, nelle quali si infilano varie sostanze come il colesterolo LDL. Questo a sua volta attira cellule infiammatorie, come i macrofagi. In queste fessure potrebbero quindi insinuarsi anche le micro e nanoplastiche che circolano nel sangue, tanto che sono state evidenziate proprio all’interno dei macrofagi. La placca aterosclerotica si «arricchisce» quindi di un’altra sostanza di degrado.

I ricercatori non azzardano ipotesi sui meccanismi con cui questi minuscoli frammenti di plastica possano favorire lo sviluppo di infarti e ictus, ma certo la presenza di queste sostanze all’interno delle placche aterosclerotiche non suona come un fatto a favore della loro stabilità. La presenza di sostanze tossiche all’interno delle placche potrebbe agire con diversi meccanismi per destabilizzare le placche, causando rotture critiche della loro superficie.

Come possiamo difenderci?

La battaglia contro l’uso eccessivo della plastica e per il suo completo riciclo sembra difficile da vincere. Il problema va affrontato con un approccio articolato che coinvolga industria, politica e la popolazione tutta. Vanno certo migliorati i sistemi di gestione dei rifiuti, ma serve uno sforzo per promuovere materiali alternativi alla plastica, che siano biodegradabili o completamente e facilmente riciclabili.

Nel frattempo i risultati di questo nuovo studio risuonano come un allarme, evidenziando micro e nanoplastiche nelle placche aterosclerotiche di oltre la metà dei soggetti valutati. Non solo, i ricercatori hanno inoltre dimostrato che la loro presenza si associa ad un rischio più elevato di sviluppare eventi cardiovascolari rilevanti, con un rapporto di rischio non indifferente.

A questo punto la domanda è, cosa possiamo fare? Come possiamo difenderci da un nemico sostanzialmente invisibile, ma ben presente nella nostra vita quotidiana? Purtroppo, non molto se il problema non sarà affrontato a livello globale e alla radice.

 

Franco Folino

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