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Tumore del seno: evitare la chemioterapia è possibile

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Il tumore della mammella è la neoplasia più frequente nella donna (29%), seguito dai tumori del colon-retto (13%), del polmone (6%), della tiroide (5%) e del corpo dell’utero (5%)*. Secondo dati ISTAT, nel 2012 oltre 12.000 decessi sono stati attribuiti in Italia al tumore della mammella.

Il rischio di sviluppare un tumore del seno aumenta con l’aumentare dell’età, con una probabilità che sale dal 2,3% per le donne fino a 49 anni, al 5,2% per le donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni. La percentuale si riduce successivamente al 4,4% per le donne di età compresa tra i 70 e gli 84 anni.

La sopravvivenza di questa malattia è aumentata nel tempo, tanto che quando la diagnosi era posta negli anni 90-92 si aveva una sopravvivenza a 5 anni del 78%, mentre le pazienti diagnosticate negli anni 2005-2007 potevano contare su una sopravvivenza a 5 anni del 87%.

Il cardine di questo miglioramento si basa su una diagnosi precoce di malattie, grazie ai sempre più accurati programmi di screening operati dal sistema sanitario nazionale, ma anche all’evoluzione delle terapie.

Queste si articolano su interventi loco regionali e sulla terapia sistemica adiuvante, costituita dall’ormonoterapia e dalla chemioterapia, nonché all’utilizzo di agenti contro il recettore 2 del fattore di crescita epidermico (HER2). La radioterapia integra e si combina alle terapie farmacologiche potenziandone l’effetto.

La scelta del trattamento resta uno dei punti cruciali nel programma terapeutico e deve essere il più possibile personalizzato sulle caratteristiche della paziente e della neoplasia.

Può accadere però che in alcuni casi vi sia un eccessivo carico terapeutico chemioterapico con l’induzione di consistenti effetti collaterali tossici.

Uno studio apparso oggi sul New England Journal of Medicine cerca di dimostrare come uno screening genetico accurato possa selezionare pazienti che possano evitare di essere sottoposte a chemioterapia.

Sono state incluse in questo studio pazienti reclutate in 112 centri europei, dall’anno 2007 fino al 2011. Si trattava di donne di età compresa tra i 18 e i 70 anni con carcinoma mammario primario, invasivo, istologicamente confermato (stadio T1 o T2 o T3 operabile).

Per lo screening delle pazienti è stato utilizzato il test dei 70 geni (MammaPrint) e l’algoritmo online “Adjuvant!” (www.adjuvantonline.com).

Lo studio è stato completato in marzo di quest’anno e sono state reclutate 6693 pazienti, seguite per un follow-up medio di 5 anni. Per l’analisi sono state divise in quattro gruppi, in base al rischio clinico ed al profilo genomico: basso rischio clinico e basso rischio genomico (2745 pazienti); basso rischio clinico ed alto rischio genomico (592 pazienti); alto rischio clinico e basso rischio genomico (1550 pazienti); ad alto rischio clinico e ad alto rischio genomico (1806 pazienti).

Pazienti con malattia a basso rischio in base ad entrambi i criteri clinici e genomici non sono state sottoposte a chemioterapia adiuvante; per le pazienti aventi un rischio elevato clinico o genomico il trattamento era suggerito, ma nelle pazienti con alto rischio clinico e basso rischio genomico l’uso della chemioterapia veniva valutato individualmente ed ha portato a formare due gruppi, con e senza trattamento chemioterapico.

A 5 anni, le pazienti che erano ad alto rischio clinico e basso rischio genomico che non hanno ricevuto chemioterapia adiuvante, hanno avuto un tasso di sopravvivenza senza metastasi a distanza del 94,7%.

Le pazienti nella popolazione con lo stesso profilo di rischio però trattate con chemioterapia hanno avuto un tasso di sopravvivenza a 5 anni senza metastasi a distanza del 95,9%.

In sostanza, i risultati di questo studio evidenziano come, attraverso uno screening accurato, clinico e genetico, si possa evitare l’utilizzo di chemioterapici, e quindi dei conseguenti effetti avversi, in un gruppo consistente di pazienti. Il prezzo da pagare, in termini di sopravvivenza è di poco più di un punto percentuale a cinque anni, per pazienti ad alto rischio clinico ma a basso rischio genomico.

Lo studio è tuttora in corso per valutare la stabilità a lungo termine di questi risultati.

 

*Fonte AIOM/AIRTUM

 

nejmID

Cardoso F, et al. 70-Gene Signature as an Aid to Treatment Decisions in Early-Stage Breast Cancer. N Engl J Med 2016;375:717-29.

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