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Farmaci antinfiammatori e rischio di scompenso cardiaco

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I farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) sono trattamenti sempre più diffusi per la terapia del dolore. D’altra parte però si susseguono da molto tempo conferme dei loro effetti avversi, a carico non solo del sistema gastrointestinale, ma anche di quello cardiocircolatorio, tanto da essere controindicati in pazienti con severa insufficienza cardiaca o grave ipertensione.

Proprio riguardo al loro potenziale effetto sul cuore è nato un progetto multinazionale, finanziato dalla Commissione Europea, che ha lo scopo di valutare il rischio cardiovascolare dei singoli FANS utilizzando banche dati di quattro paesi europei: Italia, Germania, Olanda e Regno Unito.

Sono stati inclusi nell’analisi pazienti adulti (età ≥ 18 anni) che avevano ricevuto almeno una prescrizione di FANS nel periodo 2000-2010.

L’end point principale considerato è stato il primo ricovero per scompenso cardiaco.

Tra quasi dieci milioni di nuovi utilizzatori di FANS identificati in tutti i database, 7.680.181 hanno rispettato i criteri di inclusione e di esclusione. Tra questi sono stati registrati 92.163 casi di ricovero per scompenso cardiaco, che corrispondono a 37.5 eventi di insufficienza cardiaca ogni 10.000 persone/anno. A questi casi sono stati abbinati 8.246.403 di soggetti di controllo.

I risultati dell’analisi, pubblicati sul British Medica Journal, hanno evidenziato come gli utilizzatori di qualsiasi tipo di FANS, avevano un rischio di sviluppare insufficienza cardiaca del 20% più elevato, rispetto a quelli che li avevano utilizzati in passato (odds ratio 1,19).

Al contrario, non vi era alcuna dimostrazione che l’uso recente di qualsiasi tipo di FANS si associava ad un differente rischio di scompenso cardiaco rispetto all’utilizzo o meno in passato (OR 1,00).

E’ stato osservato un rischio significativamente più alto di insufficienza cardiaca in associazione con l’uso di nove FANS specifici: ketorolac, etoricoxib, indometacina, rofecoxib, piroxicam, diclofenac, ibuprofene, nimesulide, e naprossene.

Riguardo alle dosi utilizzate, si è visto che i pazienti che utilizzavano dosi particolarmente elevate di diclofenac, etoricoxib, indometacina, piroxicam, e rofecoxib, avevano un rischio di sviluppare scompenso cardiaco di oltre il doppio rispetto a chi li aveva utilizzati in passato.

Da questi risultati emerge quindi con chiarezza che l’uso sia di COX 2-inibitori e FANS tradizionali si associa a un aumento del rischio di insufficienza cardiaca.

Tra i differenti meccanismi che potrebbero essere coinvolti, vanno ricordati quelli legati all’inibizione della sintesi delle prostaglandine indotta da questi farmaci, che causa un aumento delle resistenze periferiche e una riduzione della perfusione renale, della velocità di filtrazione glomerulare e dell’escrezione di sodio.

Si tratta di dati di estrema importanza, che rafforzano quanto già si sapeva sui possibili effetti avversi dei FANS. Considerata l’enorme diffusione di queste molecole, è evidente che una particolare cautela va adottata quando sono prescritte in pazienti con una funzionalità ventricolare compromessa o con episodi anamnestici di scompenso cardiaco.

 

bmj

 

Arfè A, et al. Non-steroidal anti-inflammatory drugs and risk of heart failure in four European countries: nested case-control study. BMJ 2016;354:i4857.

 

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