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Effetti avversi da statine: meglio continuare comunque la terapia

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Le statine sono tra i farmaci più prescritti al mondo e devono la loro popolarità al sostanziale miglioramento della sopravvivenza, in pazienti con un rischio cardiovascolare elevato.

Con il passare degli anni nuovi studi hanno portato da un lato ad aumentare le dosi assunte, alla ricerca di valori target di colesterolo sempre più bassi, dall’altro all’estensione della platea di soggetti in cui è indicato il trattamento.

Nel contempo è spesso comune osservare due situazioni estreme nell’uso di questi farmaci: pazienti con rischio elevato che non raggiungono i valori target, raccomandati dalle linee guida, e pazienti che li assumono nonostante non ne abbiano una precisa indicazione.

A ostacolare la corretta diffusione di questo trattamento, superate ormai le limitazioni economiche, sono prevalentemente gli effetti collaterali, per la maggior parte a carico del sistema muscolare, anche se in realtà sembra che in molti casi possano essere sopravvalutati (leggi articolo in altra parte del giornale). Pochi altri farmaci sono così ben conosciuti dai pazienti per i loro effetti collaterali. Anche in chi non li ha mai assunti.

Questi effetti avversi portano generalmente alla sospensione del trattamento o alla sua sostituzione con altri farmaci o sostanze che riducono i valori di colesterolo attraverso differenti meccanismi di azione, ma che mai hanno dimostrato, in somministrazione isolata, di avere le stesse proprietà favorevoli delle statine.

La domanda che a questo punto si pone è: meglio continuare il trattamento, anche in presenza di effetti avversi, oppure abbandonare definitivamente la terapia?

La risposta arriva da un recente studio pubblicato su Annals of Internal Medicine, che ha valutato l’associazione tra la continuazione del trattamento con statine, dopo un presunto evento avverso, e i successivi eventi cardiovascolari, quali infarto miocardico e ictus, e la mortalità per qualsiasi causa.

Sono stati inclusi nell’analisi 28.266 pazienti con effetti avversi alle statine, in prevalenza mialgie, miopatie, disturbi del tessuto muscoloscheletrico e del tessuto connettivo. Di questi il 71% ha continuato il trattamento nonostante gli effetti avversi, mentre il 29% ha sospeso il farmaco.

Tra quelli che hanno proseguito il trattamento, il 44% ha continuato lo stesso farmaco, mentre il 27% lo ha sostituito con un’altra molecola.

Nel corso di un follow-up medio di 4.4 anni l’end point composito (infarto, ictus, decesso) è stato raggiunto dal 13% dei pazienti: il 14% non assumeva più il farmaco, il 12% proseguiva il trattamento.

In particolare, confrontando le percentuali dei singoli eventi clinici, per i pazienti inclusi nel gruppo che ha continuato il trattamento e nel gruppo che lo ha interrotto, abbiamo rispettivamente: 5,4% versus 6,6% per la morte; 7,6% versus 8,5% per gli eventi cardiovascolari.

Questo studio sembra quindi indicare come sia preferibile proseguire un trattamento con statine, nonostante l’occorrenza di reazioni avverse, per ridurre l’incidenza di eventi cardiovascolari e migliorare la sopravvivenza.

Restano peraltro molti punti che questa sperimentazione non chiarisce pienamente. Innanzitutto gli eventi avversi erano solo presunti e non sono descritti gli esami bioumorali correlati all’evento avverso. Così, pur in presenza di chiare indicazioni a favore della continuazione del trattamento, la decisione finale potrà essere indirizzata solo in base ad una valutazione individualizzata, sullo specifico paziente, con tutte le considerazioni del caso e discutendo con il paziente stesso benefici e rischi legati alla prosecuzione del trattamento.

 

Franco Folino

 

 

Huabing Zhang, et al. Continued Statin Prescriptions After Adverse Reactions and Patient Outcomes. A Cohort Study. Ann Intern Med, pubblicato online 25 luglio 2017.

 

 

 

 

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