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Ipertensione polmonare e scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata: alcuni indici emodinamici per stratificare il rischio

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Courtesy Philips

L’aumento della pressione venosa polmonare secondaria a una cardiopatia sinistra, con conseguente scompenso cardiaco, è la causa più comune di ipertensione polmonare. Non sono però infrequenti i casi di insufficienza cardiaca, con frazione di eiezione conservata, in cui la disfunzione diastolica del ventricolo sinistro porta ad un incremento delle pressioni di riempimento venoso polmonare, e quindi ad un aumento anche delle pressioni in arteria polmonare.

Un recente studio, pubblicato sul JAMA, ha cercato di identificare le caratteristiche emodinamiche e gli esiti clinici dei pazienti con ipertensione polmonare associata ad uno scompenso cardiaco con frazione di eiezione conservata.

I soggetti inclusi nell’analisi sono stati classificati in tre gruppi. Nel primo sono stati inclusi quelli senza ipertensione polmonare, ovvero con una pressione arteriosa polmonare media inferiore ai 25mmHg). Nel secondo gruppo sono stati inclusi pazienti con ipertensione polmonare precapillare (pressione arteriosa polmonare media ≥25mmHg, pressione di incuneamento polmonare ≤15 mm Hg) e nel terzo quelli con ipertensione polmonare nel contesto di una cardiopatia sinistra (pressione arteriosa polmonare media ≥25mmHg; pressione di incuneamento polmonare > 15mmHg). I soggetti inclusi in quest’ultimo gruppo sono stati ulteriormente suddivisi in base alla frazione di eiezione, utilizzando il limite del 45%.

L’endpoint principale è stato l’intervallo di tempo al decesso per qualsiasi causa. L’endpoint secondario era il tempo all’ospedalizzazione e all’ospedalizzazione cardiovascolare.

In base ai risultati del cateterismo cardiaco destro eseguito alla visita basale, 3.801 soggetti sono stati inclusi nel primo gruppo, 1.601 nel secondo e 4.621 nel terzo, di cui il 25,8% con frazione di eiezione preservata.

Nel corso di un follow-up mediano di 1.578 giorni, sono stati registrati 4.925 decessi e la sopravvivenza è risultata significativamente peggiore nel secondo e terzo gruppo, così come le ospedalizzazioni.

La mortalità per i pazienti con frazione di eiezione ridotta è risultata simile a quella dei pazienti con frazione di eiezione conservata o ridotta, ma le ospedalizzazioni sono state molto più frequenti nei pazienti con frazione di eiezione ridotta, mentre quelli con frazione di eiezione conservata hanno registrato più ricoveri rispetto a quelli con ipertensione polmonare precapillare.

Tra i pazienti con frazione di eiezione preservata, la sopravvivenza era significativamente peggiore in quelli con gradiente transpolmonare di 12mmHg o più, nei soggetti con resistenze vascolari polmonari di 3 unità Woods o più e in quelli con gradiente di pressione diastolica maggiore o uguale a 7mmHg.

Questo studio sembra quindi dimostrare non solo che i casi di pazienti con scompenso cardiaco e frazione di eiezione preservata sono piuttosto comuni, ma anche che semplici indici emodinamici, quali il gradiente transpolmonare, le resistenze vascolari polmonari e il gradiente di pressione diastolica, sono importanti indici predittivi di mortalità e ospedalizzazione.

 

JAMA

Rebecca R. Vanderpool, et al. Association Between Hemodynamic Markers of Pulmonary Hypertension and Outcomes in Heart Failure With Preserved Ejection Fraction. JAMA Cardiol. Published online March 14, 2018.

 

 

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