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Farmaci antiepilettici: cambiare marca del medicinale, in pazienti privi di crisi, potrebbe causare recidive

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La sostituzione di un farmaco antiepilettico con uno di marca differente si associa ad un rischio più elevato di recidiva delle crisi. Sono queste le conclusioni cui è giunto un gruppo di ricercatori tedeschi, in un lavoro pubblicato sul numero di dicembre della rivista Annals of Neurology.

Il passaggio ai farmaci generici

La maggior parte dei farmaci antiepilettici sono oggi disponibili come prodotti generici, tuttavia neurologi e pazienti sono piuttosto riluttanti a lasciare la consueta terapia. Gli antiepilettici generici sono considerati bioequivalenti rispetto ai corrispondenti farmaci di marca quando soddisfano dei precisi criteri di biodisponibilità. A quel punto sono formalmente considerati intercambiabili, senza perdita di efficacia e sicurezza.

La bioequivalenza

Per determinare se un nuovo prodotto ha le caratteristiche di bioequivalenza vengono eseguiti studi appositamente disegnati per valutare la biodisponibilità del farmaco a livello ematico. Sono in sostanza studi di farmacocinetica, dove viene stabilita l’equivalenza terapeutica tra due formulazioni, essenzialmente simili, contenenti lo stesso principio attivo.

Due medicinali sono bioequivalenti quando, con la stessa dose, i loro profili di concentrazione nel sangue rispetto al tempo sono simili in termini di efficacia e sicurezza.

Misurata la concentrazione massima del farmaco nel sangue, e il tempo impiegato per raggiungerla, si costruisce la curva concentrazione/tempo. Valutando l’area sottostante questa curva si può misurare la biodisponibilità del medicinale. Viene quindi verificato che la media del rapporto tra tali parametri e le dispersioni attorno alla curva rientrano con una probabilità del 90% nel range di accettabilità del ±20%.

Farmaci antiepilettici bioequivalenti: lo studio

Gli autori del lavoro sono partiti dalla costatazione che nonostante la bioequivalenza, il passaggio da un farmaco di marca ad uno generico nella realtà clinica non è sempre benaccetto. Hanno quindi studiato, in modo retrospettivo, il rischio di crisi ricorrenti dopo aver cambiato il produttore dello stesso farmaco in oltre 3.500 persone con epilessia e un’età media di 54 anni, privi di crisi prima della sostituzione del farmaco.

I risultati hanno evidenziato come i pazienti con convulsioni avevano cambiato il produttore del farmaco più spesso rispetto ai soggetti di controllo (26,8% vs 14,2%). Sia passando da un farmaco di marca ad un generico (5,5% vs 2,4%), sia cambiando farmaci generici (14,7% vs 7,1%).

Un’interpretazione prudente

Le differenze in termini di minori crisi recidive sembrano non lasciare dubbi sul fatto che cambiare farmaco si associ ad un numero maggiore di episodi ricorrenti. Tuttavia, va considerato che lo studio, pur condotto su un numero considerevole di pazienti, è di tipo retrospettivo. Quindi le variabili coinvolte nel contesto complessivo della gestione clinica del paziente non sono integralmente verificabili.

Esiste quindi una motivazione scientifica per le preoccupazioni relative al passaggio ai farmaci generici bioequivalenti? Purtroppo questa domanda non ha ancora risposta, ma in pazienti senza crisi, sembra necessaria prudenza.

Il 20% di tolleranza ammesso per i farmaci generici può non assumere particolare rilevanza clinica nel caso di farmaci quali i diuretici o gli inibitori di pompa protonica. Per gli antiepilettici però, anche modeste variazioni della loro concentrazione ematica potrebbero portare il paziente al di fuori di quel range terapeutico che gli consente di controllare le crisi.

 

Franco Folino

 

Johannes D. Lang, et al. Switching the manufacturer of antiepileptic drugs is associated with higher risk of seizures: A nationwide study of prescription data in Germany. Ann Neurol 2018; 84: 918-925.

 

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