Il coronavirus non è responsabile solo della malattia COVID-19. Già in passato altri generi di questa famiglia di virus sono stati identificati come responsabili di altre malattie, come il raffreddore, le bronchiti o le polmoniti.
Un nuovo studio, pubblicato recentemente sulla rivista Nature, ha evidenziato che se un soggetto era entrato in contatto in passato con un coronavirus, una nuova infezione con il virus SARS-CoV-2, quello responsabile della malattia COVID-19, induceva una risposta immunitaria più consistente. I ricercatori hanno attribuito questa maggiore reattività al virus SARS-CoV-2 al fatto che il sistema immunitario ricorda le proteine di replicazione virale che sono simili tra i coronavirus.
In questo nuovo studio sono stati studiati gli operatori sanitari ad alto rischio di esposizione a SARS-CoV-2 e, nonostante i test negativi per l’infezione da SARS-CoV-2 o per la presenza di anticorpi specifici nel siero, hanno mostrato segni di elevata risposta delle cellule T di memoria contro il complesso virale, suggerendo che erano in grado di eliminare rapidamente il SARS-CoV-2.
Questi risultati fanno pensare che le proteine virali tipiche dei coronavirus potrebbero fungere da bersagli per futuri vaccini contro i coronavirus endemici ed emergenti.
Facilitare il rapido controllo di SARS-CoV-2
Ricerche precedenti avevano suggerito che l’esposizione ai coronavirus, di qualsiasi genere, produce cellule T di memoria che potrebbero essere efficaci nell’attenuare una successiva infezione da SARS-CoV-2.
Mala Maini, Leo Swadling e colleghi ipotizzano che le cellule T di memoria preesistenti, in grado di riconoscere le proteine del complesso di replicazione-trascrizione (RTC), una struttura coinvolta nella replicazione virale, potrebbero facilitare il rapido controllo di SARS-CoV-2.
Gli autori hanno studiato 58 operatori sanitari degli ospedali di Londra, Regno Unito, che non sono risultati positivi all’infezione da SARS-CoV-2, nonostante l’alto rischio di esposizione durante la prima ondata di pandemia nel Regno Unito. Hanno confrontato le risposte delle cellule T in questa coorte con quelle degli operatori sanitari abbinati che hanno sviluppato un’infezione da SARS-CoV-2, confermata in laboratorio. Gli individui negativi ai test, che sembravano essere sfuggiti all’infezione, hanno evidenziato risposte delle cellule T più forti, in particolare dirette contro l’RTC, rispetto a quelle degli individui che erano risultati positivi.
Gli autori concludono che la progettazione di vaccini che potrebbero facilitare questa espansione delle cellule T cross-reattive potrebbe offrire protezione contro una serie di coronavirus differenti, endemici o emergenti.