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I semi di uva potrebbero allungare la vita: i primi risultati nei topi

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Un composto naturale contenuto nei semi d’uva – il flavonoide, procianidina C1 – aumenta la salute e la durata della vita dei topi, interferendo con le cellule che promuovono l’invecchiamento. Lo riporta un recente articolo, pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista Nature Metabolism. Tuttavia, saranno necessarie ricerche future per determinare i suoi esatti meccanismi di azione biologica e qualsiasi potenziale rilevanza per l’uomo.

Aumentata la durata totale di circa il 9%.

Quando esposte a sostanze chimiche o radiazioni, o quando invecchiamo naturalmente, le cellule possono diventare senescenti, alterando o cessando la loro normale funzione. Si pensa che il graduale accumulo di cellule senescenti contribuisca al declino associato all’età della funzione fisica e alle molteplici patologie legate all’invecchiamento.

Yu Sun e colleghi hanno esaminato una serie di estratti naturali in un modello che ha utilizzato cellule prostatiche umane in coltura. Hanno rivelato che l’estratto di semi d’uva e uno dei suoi componenti chiave, la procianidina C1 (PCC1), è efficace nell’uccidere selettivamente le cellule senescenti, lasciando intatte le cellule normali.

In diversi modelli murini in cui le cellule senescenti contribuiscono alla malattia, come quelle generate dopo l’esposizione alle radiazioni, le iniezioni di procianidina C1 hanno ridotto il numero di cellule senescenti e hanno portato a miglioramenti della salute. La procianidina C1 ha anche migliorato gli esiti chemioterapici nei topi immunocompromessi.

Inoltre, le iniezioni quindicinali di PCC1 in 91 topi anziani (48 maschi e 43 femmine di età compresa tra 24 e 27 mesi, equivalenti a un’età umana di 75-90 anni) hanno aumentato la loro durata residua di vita di oltre il 60% o aumentato la durata totale di circa il 9%.

Gli autori fanno notare che l’esatto meccanismo molecolare d’azione del procianidina C1 richiede ulteriori chiarimenti. Sebbene le iniezioni di questa sostanza sembrino essere state ben tollerate nei topi, negli studi preclinici, sono necessarie ricerche per stabilire cosa costituisce una dose sicura e, soprattutto, se questi straordinari risultati sono applicabili agli esseri umani.

 

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