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Le fluttuazioni del peso corporeo si associano ad un’alta mortalità per eventi cardiovascolari

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Se da un lato è ben noto che l’obesità rappresenti un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, anche in soggetti senza altri fattori di rischio, dall’altro probabilmente non è altrettanto conosciuto il fatto che frequenti variazioni di peso, vale a dire soggetti sovrappeso o obesi che dimagriscono per poi riprendere nuovamente peso (leggi in altra parte del giornale il possibile effetto del microbioma su questo “effetto yo-yo”) possano comunque associarsi ad una prognosi peggiore.

Per confermare questo effetto avverso delle fluttuazioni di peso in pazienti con una diagnosi di cardiopatia coronarica arriva un nuovo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha analizzato i dati di un trial che ha coinvolto oltre 10.000 pazienti con cardiopatia coronarica.

Per valutare la variabilità del peso corporeo tra le differenti visite di follow-up, sono stati utilizzati differenti indici, tra cui la differenza assoluta media tra misure successive e la deviazione standard delle variazioni di peso. L’end point principale è stato un composito per la comparsa di qualsiasi evento coronarico: morte per malattia coronarica, infarto miocardico non fatale, arresto cardiaco resuscitato, procedura di rivascolarizzazione, angina.

I pazienti considerati nell’analisi sono stati 9.509 e il loro peso medio alla visita basale era di 85kg. Il tempo mediano tra le prime e le ultime misurazioni di peso è stato di 4,7 anni, mentre il numero di misure è variato tra 2 e 14.

Considerando la variabilità del peso come una covariata tempo-dipendente, ogni aumento della variabilità del peso corporeo di una deviazione standard (da 1,5 a 1,9 Kg) ha fatto aumentare il rischio di qualsiasi evento coronarico (Hazard Ratio 1,04).

Anche il valore assoluto delle variazioni di peso ha avuto una sua importanza, così che il tasso di ogni evento coronarico, di qualsiasi evento cardiovascolare, morte, infarto miocardico, ictus o diabete di nuova insorgenza è stato più elevato per i quintili più alti di variabilità del peso corporeo. Confrontando i soggetti del quintile più basso di variabilità del peso corporeo, con quelli inclusi nel più alto, questi ultimi avevano un rischio di qualsiasi evento cardiovascolare più elevato del 64%; per altri eventi, la percentuale di maggior rischio è stata ancora maggiore: 124% per la morte, 117% per l’infarto miocardico, 136% per l’ictus.

Sono percentuali davvero sorprendenti, ancor di più se si considera che questi risultati sono indipendenti dai fattori di rischio tradizionali.

Non sembra quindi sufficiente ottenere una riduzione del peso corporeo, ma è altrettanto importante evitare quell’effetto “yo-yo” che purtroppo si verifica piuttosto frequentemente, mantenendo comportamenti virtuosi per ottenere risultati stabili nel tempo.

 

 

Bangalore S, et al. Body-Weight Fluctuations and Outcomes in Coronary Disease. N Engl J Med 2017;376:1332-40.

 

 

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