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L’incidenza di endocardite streptococcica in pazienti con valvole protesiche dopo intervento odontoiatrico

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Da alcuni anni ormai la profilassi antibiotica contro l’endocardite batterica è stata limitata a pochi casi, rispetto ad un recente passato in cui era molto più utilizzata.

Le ultime linee guida sull’argomento della Società Europea di Cardiologia, pubblicate nel 2015, raccomandavano una profilassi, in caso di procedure ad alto rischio, nelle seguenti condizioni cardiache: pazienti con qualsiasi valvola protesica, anche con impianto transcatetere, o in cui materiale protesico sia stato utilizzato per la riparazione della valvola cardiaca; pazienti con un precedente episodio di endocardite infettiva; pazienti con cardiopatia congenita; qualsiasi tipo di cardiopatia congenita cianotica; qualsiasi tipo di cardiopatia congenita riparata con materiale protesico, sia collocato chirurgicamente o mediante tecniche percutanee, fino a 6 mesi dopo la procedura o per sempre se residua uno shunt o un reflusso valvolare.

Ad analizzare nella pratica clinica qual è il reale rischio di endocardite infettiva nei pazienti con valvole protesiche, sottoposti a cure odontoiatriche, è un recente lavoro, apparso sul British Medical Journal, realizzato da ricercatori francesi.

Lo studio si articolava in due analisi, una di coorte e una con un disegno crossover.

Nella prima sono stati inclusi più di 138.000 pazienti, con un’età media di 74 anni.

Tra le 396.615 procedure dentali eseguite, il 26% era considerata invasiva e quindi presentava un’indicazione al trattamento profilattico, che è stato eseguito però solo nel 50,1% dei pazienti.

Nel corso di un follow-up di 1,7 anni, sono stati registrati 267 casi di endocardite infettiva da streptococco, che corrisponde ad un’incidenza di 93,7 casi per 100.000 casi/anno.

Dividendo i periodi di esposizione in base all’uso della profilassi antibiotica, i tassi di incidenza di endocardite infettiva streptococcica variavano da 78,1 casi per 100.000 persone/anno nei tre mesi dopo una procedura dentale invasiva, con profilassi antibiotica, a 149,5 casi per 100.000 persone/anno durante i tre mesi successivi ad una procedura dentale invasiva senza antibiotico profilassi.

Rispetto ai periodi di non esposizione, non è stato evidenziato un aumento significativo dell’infezione streptococcica durante i tre mesi dopo una procedura odontoiatrica invasiva e dopo una procedura dentale invasiva senza antibiotico profilassi.

Al contempo però emerge come solo il 5,1% dei pazienti con valvole protesiche ed endocardite infettiva era stato in precedenza sottoposto a procedura odontoiatrica invasiva.

Gli autori, in base ai risultati dello studio in crossover, concludono che vi sono differenze nell’incidenza di endocardite batterica evidenziata dalle due analisi. Tuttavia, entrambi sembrano indicare che le procedure odontoiatriche invasive possono essere complicate dall’infezione, anche se l’ordine di grandezza di quest’associazione rimane incerto.

Per concludere vediamo quali sono gli antibiotici consigliati nelle linee guida citate in precedenza.

Per i pazienti non allergici a penicillina o ampicillina: amoxicillina o ampicillina; adulti, 2 g per via orale in singola dose 30-60 minuti prima della procedura; bambini, 50mg/kg per via orale o ev, in singola dose 30-60 minuti prima della procedura.

Per i pazienti allergici a penicillina o ampicillina: cindamicina; adulti 600mg per via orale o ev, in singola dose 30-60 minuti prima della procedura; bambini, 20mg/kg per via orale o ev, in singola dose 30-60 minuti prima della procedura.

 

 

 

Sarah Tubiana, et al.  Dental procedures, antibiotic prophylaxis, and endocarditis among people with prosthetic heart valves: nationwide population based cohort and a case crossover study. BMJ 2017;358:j3776.

 

 

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