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Ipertensione polmonare: le comorbilità segnano la prognosi della malattia

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Arteriopatia polmonare ipertensiva al microscopio ottico. Yale Rosen

La stratificazione del rischio nei pazienti con ipertensione polmonare è un passo particolarmente importante, perché permette di pianificare non solo il miglior approccio diagnostico e terapeutico, ma anche un preciso programma di follow-up.

È intuibile che nei pazienti con ipertensione polmonare la presenza di comorbilità che segnino la progressione della malattia possa rappresentare un importante fattore di rischio per definire la prognosi del paziente, ma pochi studi ben disegnati hanno confermato questo assunto.

Un recente articolo apparso sul Journal of the American College of Cardiology, presenta ora un’analisi degli studi SERAPHIN e GRIPHON che consente di quantificare l’impatto prognostico degli eventi di comorbilità sul rischio di mortalità successiva. Queste due sperimentazioni, sono studi di fase III, randomizzati, controllati con placebo, disegnati per valutare la sicurezza e l’efficacia rispettivamente di macitentan e selexipag in pazienti con ipertensione polmonare arteriosa. Entrambi hanno utilizzato un endpoint composito primario di tempo al primo evento di morbilità o di mortalità. Nello studio SERAPHIN gli endpoint erano legati al peggioramento della malattia, definito come: riduzione 6 minutes walking test, peggioramento sintomi, necessità di un trattamento addizionale, inizio di un trattamento con prostanoidi, trapianto di polmone e settostomia atriale. Nello studio GRIPHON il peggioramento della malattia era definito da questi eventi: riduzione 6 minutes walking test, peggioramento della classificazione WHO, inizio di un trattamento con prostanoidi, trapianto di polmone, settostomia atriale e ricovero.

Il follow-up complessivo è stato superiore ai 33 mesi, a partire dal terzo mese di valutazione.

Nello studio SERAPHIN sono stati randomizzati 742 pazienti e la sopravvivenza è stata valutata a 3, 6 e 12 mesi. A tutti e tre questi intervalli di tempo, i pazienti con un precedente evento di morbilità hanno avuto un rischio più elevato di morte successiva. Tra i pazienti che hanno avuto un evento di morbilità prima del limite dei 3 mesi, ne sono deceduti il 39,5%, mentre tra coloro che non avevano avuto un evento di morbilità, ne sono deceduti il 14,4% (hazard ratio 3,39). Un aumento del rischio di morte nel corso dello studio è stato riscontrato anche per i pazienti che hanno avuto un evento di morbilità prima del sesto o del dodicesimo mese di follow-up.

Nello studio GRIPHON sono stati randomizzati 1.156 pazienti. Anche in questo caso, come nel trial precedente, quelli che avevano avuto un evento di morbilità prima del limite del terzo mese, hanno evidenziato una maggiore mortalità rispetto a quelli senza comorbilità (48% versus 15%, hazard ratio 4,48), e un aumento di mortalità è stato registrato anche per i pazienti con morbilità presenti all’intervallo di 6 e 12 mesi.

Quest’analisi congiunta dei risultati degli studi SERAPHIN e GRIPHON ha quindi evidenziato come la presenza di un evento di morbilità è un importante indice prognostico di mortalità per i pazienti con ipertensione polmonare, sottolineando l’importanza di adeguati regimi di trattamento e strategie di gestione dei pazienti, al fine di prevenirne il deterioramento clinico.

 

 

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Vallerie V. McLaughlin, et al. Pulmonary Arterial Hypertension-Related Morbidity Is Prognostic for Mortality. J Am Coll Cardiol 2018;71:752–63.

 

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