Home Chirurgia Carcinoma prostatico metastatico. Identificata una possibile cura: stressarlo per farlo regredire

Carcinoma prostatico metastatico. Identificata una possibile cura: stressarlo per farlo regredire

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Il ripiegamento (folding) delle proteine.

Le strategie per combattere il cancro possono essere molto differenti e agire sulla massa in crescita attraverso agenti fisici e chimici o interagendo a livello molecolare con le stesse cellule tumorali.

Uno dei possibili modi di contrastare la crescita della neoplasia consiste nell’alterare i suoi meccanismi molecolari di proliferazione, facendoli accelerare in modo incontrollato, tanto da renderli letali per il tumore stesso.

La rapida crescita delle cellule tumorali richiede un dispendio di risorse cellulari, con un enorme stress per le cellule, ma queste riescono ad adattarsi a questo aumentato carico metabolico, attraverso meccanismi ancora poco conosciuti.

Una delle vie proposte coinvolge la sintesi proteica, che è alterata nelle cellule tumorali proprio allo scopo di consentirne una rapida crescita. Se la sintesi proteica viene però accelerata in modo eccessivo si può creare un grave stress cellulare fino a indurre fenomeni di tossicità in grado di danneggiare le cellule stesse.

In particolare, l’aumento della sintesi proteica nel reticolo endoplasmatico crea uno stato di stress proteotossico associato all’accumulo di proteine ripiegate in modo scorretto. Il ripiegamento delle proteine è un momento estremamente importante della sintesi proteica, perché senza un suo corretto completamento, che porta la proteina ad assumere la sua struttura tridimensionale, le proteine non possono assumere la loro funzione fisiologica.

Questo stress del reticolo endoplasmatico attiva a sua volta la sintesi di proteine non ripregate, ma non è chiaro come e quando questo meccanismo si attivi nell’evoluzione del cancro.

Un gruppo di ricercatori statunitensi ha recentemente dimostrato come le cellule del cancro alla prostata, che esprimono una specifica combinazione di mutazioni possono superare questo stress attivando una proteina chiamata eIF2α, che le protegge dall’eccessiva sintesi proteica.

Per sfruttare questo meccanismo a danno delle stesse cellule tumorali, gli autori hanno poi identificato un inibitore della proteina eIF2α che blocca questo meccanismo protettivo inducendo fenomeni tossici a livello del tessuto neoformato e svolgendo così una vera e propria azione terapeutica.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, ha usato modelli murini e umanizzati del cancro alla prostata, evidenziando come uno dei processi che portano all’attivazione della sintesi di proteine non ripiegate sia mediata da un fattore di iniziazione eucariotica 2-α, ovvero la proteina eIF2α.

La sua azione consente di mantenere la sintesi proteica ad un livello di attivazione ideale, in modo che il tumore si sviluppi rapidamente, senza sviluppare fenomeni di stress cellulare.

Utilizzando modelli di xenotrapianto derivati dal paziente e un composto che inverte selettivamente gli effetti della fosforilazione di eIF2α, inibendo così l’attività di eIF2α, i ricercatori hanno dimostrato che lasciando incontrollato il processo di sintesi proteica delle cellule tumorali, questo porta a fenomeni di citotossicità nel tumore prostatico.

Quanto emerge da questo studio sembra quindi portare ad incoraggianti prospettive nel trattamento del carcinoma prostatico metastatico, avanzato, resistente alle terapie ormonali, per cui ad oggi non esiste cura.

 

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Hao G. Nguyen, et al. Development of a stress response therapy targeting aggressive prostate cancer. Sci. Transl. Med. 2 May 2018.

 

 

 

 

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