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Un metodo per studiare l’impianto e lo sviluppo degli embrioni umani

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Un recente studio ha dimostrato la possibilità di generare un modello su cui valutare come si formano e si impiantano gli embrioni umani nell’utero.  La ricerca, pubblicata recentemente sulla rivista Nature, evidenzia come i blastoidi umani, strutture che imitano l’embrione umano precoce, hanno dimostrato di replicare fedelmente le fasi chiave dello sviluppo iniziale dell’embrione umano, compreso l’adesione alle cellule uterine coltivate. Questo modello può aiutare a far progredire la nostra comprensione delle prime fasi dello sviluppo umano e a sviluppare nuovi contraccettivi o terapie per l’infertilità.

Esplorare le fasi di impianto e sviluppo precoce degli embrioni

Entro una settimana dalla fecondazione, gli embrioni umani formano una piccola sfera di cellule chiamata blastocisti. Questa si impianta quindi sulla parete dell’utero. La disponibilità di un modello fedele di questa fase di sviluppo potrebbe consentire di svolgere ricerche allo scopo di esplorare le fasi di impianto e sviluppo precoce degli embrioni.

La generazione di analoghi di blastocisti, ottenuti utilizzando cellule staminali è un approccio promettente, ma i tentativi precedenti presentavano limitazioni, come la formazione di cellule che non corrispondevano con precisione alla blastocisti.
In questo nuovo studio, Nicolas Rivron e colleghi presentano un metodo che consente la generazione di strutture umane simili a blastocisti (blastoidi), ottenute da cellule staminali pluripotenti umane.

Gli autori identificano un trio di vie di segnalazione che, se inibite, consentono la formazione di blastoidi che emulano efficacemente il normale sviluppo di blastocisti (efficienza superiore al 70%) e formano le cellule corrette (efficienza superiore al 97%). I blastoidi umani si attaccano in modo specifico alle cellule endometriali stimolate dagli ormoni in vitro, il che consente loro di ricapitolare gli aspetti dello sviluppo peri-impianto fino al giorno 13. Data l’elevata efficienza e la potenziale scalabilità del modello, gli autori suggeriscono che questo approccio offre un nuovo strumento per studiare l’impianto e lo sviluppo degli embrioni umani.

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