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Fibrillazione atriale: migliori esiti clinici utilizzando per la profilassi farmaci antiaritmici di classe IC

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L'innesco di una fibrillazione atriale

I farmaci antiaritmici della classe IC, rispetto a quelli della classe III, si associano a un minor rischio di ospedalizzazione e di eventi cardiovascolari. Sono queste le conclusioni delineate da un articolo pubblicato in questi giorni sulla rivista JACC: Clinical Electrophysiology.

Mantenere il ritmo sinusale o controllare la frequenza cardiaca?

La fibrillazione atriale è la più diffusa tra le aritmie e rappresenta un problema clinico di difficile gestione. Il ripristino e il mantenimento del ritmo cardiaco possono migliorare notevolmente i sintomi e l’emodinamica dei pazienti. In alcuni casi si tratta di una scelta obbligata.

Altri pazienti possono ben tollerare l’aritmia e beneficiare del semplice controllo della frequenza cardiaca.

In questo senso diversi studi hanno dimostrato una sostanziale similitudine negli esiti clinici, adottando queste due differenti strategie di trattamento.

Il ritmo sinusale può essere ripristinato con farmaci antiaritmici o con una cardioversione elettrica. Cosa più difficile è mantenere stabilmente il ritmo sinusale. L’ablazione con catetere dei trigger per la fibrillazione atriale si è dimostrata più efficace dei farmaci antiaritmici nel mantenere il ritmo sinusale. Una combinazione di farmaci antiaritmici e ablazione transcatetere sembra essere ancor più efficace nel controllo del ritmo.

Lo studio

Un gruppo di ricercatori nordamericani ha voluto identificare quale sia il miglior farmaco antiaritmico da utilizzare per mantenere il ritmo sinusale, in pazienti con fibrillazione atriale di nuova diagnosi. Sono stati così confrontati, in termini di efficacia e sicurezza, i farmaci di classe IC e quelli di classe III.

L’analisi si è sviluppata sui dati dello studio TREAT-AF, in modo retrospettivo, considerando i pazienti trattati con farmaci antiaritmici entro 90 giorni dalla diagnosi.

L’endpoint primario è stato l’ospedalizzazione per fibrillazione atriale. Quelli secondari sono stati l’ospedalizzazione per malattie cardiovascolari, ictus ischemico e insufficienza cardiaca.

Nei pazienti che hanno sviluppato una fibrillazione atriale sono stati prescritti in prevalenza farmaci di classe IC (3%), poco meno del doppio di quelli cui è stato prescritto un farmaco di classe III (1,7%).

Le molecole utilizzate sono state nel primo gruppo flecainide o propafenone, nel secondo gruppo dofetilide o sotalolo.

Nel corso di un follow-up mediano di 4,9 anni, si è visto come i farmaci di classe IC erano associati a un minor rischio di ospedalizzazione per fibrillazione atriale, malattia cardiovascolare, insufficienza cardiaca. Questo gruppo di pazienti ha inoltre evidenziato una incidenza inferiore di ictus ischemico.

Una scelta non facile

Per il mantenimento del ritmo cardiaco sono a disposizione differenti strategie, farmacologiche e non farmacologiche. Questo studio ha il merito di portare nuovi dati in questo campo, confrontando le due classi di farmaci più utilizzate nella profilassi della fibrillazione atriale.

Lo studio ha peraltro importanti limitazioni. L’analisi è stata di tipo retrospettivo e i pazienti inclusi, trattandosi di un database di “veterani”, sono stati in larga prevalenza maschi (donne 2,5%).

Inoltre, l’analisi ha considerato come endpoint solo gli episodi di recidiva aritmica che hanno causato una ospedalizzazione. Non è quindi possibile trarre precise informazioni sulla reale efficacia dei farmaci nel mantenimento del ritmo sinusale.

Appaiono dunque più interessanti i risultati che riguardano gli esiti clinici, peraltro più importanti, che sembrano indicare un effettivo vantaggio a favore dei farmaci di classe IC.

 

Franco Folino

 

 

Ryan Kipp, et al. Real-world Comparison of Class IC and III Antiarrhythmic Drugs as an Initial Rhythm Control Strategy in Newly Diagnosed Atrial Fibrillation: from the TREAT-AF Study. JACC: Clinical Electrophysiology, pubblicato online 31 ottobre 2018.

 

 

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