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Scompenso cardiaco: la riabilitazione migliora la capacità funzionale, ma non riduce i ricoveri

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Congestive heart failure secondary to chronic hypertension. Public Health Image Library (PHIL), Image 6241. CDC/ Dr. Thomas Hooten

La riabilitazione in pazienti con scompenso cardiaco viene proposta da molti anni a supporto dei trattamenti farmacologici. La sua efficacia in termini di miglioramento della capacità fisica e di riduzione dei sintomi è stata già chiaramente dimostrata, ma quali sono i suoi effetti sui ricoveri e sulla mortalità? Un recente studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha cercato di chiarire in parte questi aspetti così rilevanti, valutando gli effetti della riabilitazione sulla capacità fisica e sulle riospedalizzazioni a 6 mesi in pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto.

I risultati sembrano confermare l’efficacia della riabilitazione nel migliorare la capacità funzionale, ma senza particolari benefici nella prevenzione dei ricoveri.

Riabilitazione e scompenso cardiaco

La riabilitazione in pazienti con scompenso è un programma di interventi articolati che include un allenamento all’esercizio strutturato. Può essere offerta con diverse modalità, come l’allenamento aerobico continuo o a intervalli, l’allenamento di resistenza e quello dedicato ai muscoli inspiratori.

Molti studi hanno dimostrato la sicurezza e i benefici dell’esercizio e dell’attività fisica nei pazienti con scompenso cardiaco. In particolare, gli effetti benefici sembrano essere esercitati sulla qualità di vita del paziente e sulla riduzione dei sintomi fisici e della depressione.

Al contrario, effetti positivi dell’esercizio su mortalità e tassi di ospedalizzazione non sono mai stati dimostrati con certezza.

Nonostante i molteplici vantaggi dell’allenamento fisico, e il fatto che sia raccomandato dalle principali linee guida, la riabilitazione cardiaca rimane sottoutilizzata, a causa di molteplici fattori.

Gli effetti della riabilitazione nei pazienti anziani

In questo nuovo studio, Rehabilitation Therapy in Older Acute Heart Failure Patients (REHAB-HF), i ricercatori hanno voluto analizzare gli effetti della riabilitazione in pazienti anziani, recentemente ricoverati in ospedale con scompenso cardiaco acuto, indipendentemente dalla loro frazione di eiezione del ventricolo sinistro.

Il disegno dello studio era multicentrico, randomizzato e controllato, in singolo cieco. L’intervento riabilitativo era precoce e mirava a quattro funzioni fisiche: forza, equilibrio, mobilità e resistenza. È iniziato durante, o subito dopo il ricovero, ed è proseguito dopo la dimissione con 36 sedute ambulatoriali.

L’endpoint principale dello studio era il punteggio della Short Physical Performance Battery (SPPB) valutato a 3 mesi. Questo test raggruppa una serie di misure che esplorano la velocità dell’andatura, l’alzarsi dalla sedia e l’equilibrio. Il punteggio varia da 0 a 12, più è elevato migliore è la prestazione. Questo punteggio ha dimostrato di essere predittivo nei confronti di mortalità, ricovero e disabilità nelle persone anziane.

L’endpoint secondario era il tasso di riospedalizzazione per qualsiasi causa, valutato a 6 mesi.

Un punteggio migliore

Nel complesso sono stati valutati 349 pazienti, di questi il 97% è stato classificato come fragile o prefragile. La loro età media era di 73 anni nel gruppo intervento e 72 nel gruppo di controllo. La frazione di eiezione era superiore al 45% nel 53% dei pazienti arruolati. La mediana dei valori di NT-proBNP era rispettivamente di 2527 pg/ml e 3615 pg/ml. La prevalenza del diabete mellito era più alta nel gruppo di intervento rispetto al gruppo di controllo (58% versus 47%).

La ritenzione dei pazienti nel gruppo di intervento è stata dell’82% e l’aderenza alle sessioni di intervento è stata del 67%.

Il punteggio medio SPPB è risultato 8,3 nel gruppo che aveva seguito la riabilitazione e 6,9 nel gruppo di controllo. I tassi di riospedalizzazione per qualsiasi causa, a sei mesi, sono risultati simili: 1,18 nel gruppo di intervento e 1,28 nel gruppo di controllo. Nel periodo di follow-up sono stati registrati 21 decessi e 16 decessi, rispettivamente.

Un beneficio funzionale

Come abbiamo detto, molti studi hanno valutato gli effetti della riabilitazione nei pazienti con scompenso cardiaco. Ovviamente, ciascuno di questi ha incluso pazienti con caratteristiche peculiari: più o meno anziani, con una funzione ventricolare più o meno compromessa. Quanto si può desumere dai risultati fin qui ottenuti è che la riabilitazione può avere un ruolo nel migliorare la capacità fisica del paziente e nel ridurre i sintomi della malattia. Riguardo i benefici della riabilitazione in termini di sopravvivenza e ricovero, i risultati sono contrastanti.

Questo nuovo studio ha valutato un gruppo consistente di pazienti con un’età media di 72-73 anni, in cui circa la metà aveva una funzione ventricolare sinistra compromessa in modo sensibile, in gran parte erano classificati come fragili o prefragili, ed erano stati ricoverati recentemente per un episodio acuto di scompenso cardiaco.

Bene, anche in questo specifico gruppo di pazienti la riabilitazione, iniziata precocemente, ha prodotto benefici in termini di capacità fisica, ma non in termini di prevenzione delle riospedalizzazioni. Tantomeno nei confronti della mortalità, risultata addirittura più elevata nel gruppo sottoposto al ciclo riabilitativo.

Sembra quindi delinearsi un beneficio funzionale indotto dalla riabilitazione che non sembra però riuscire a contrastare l’evoluzione clinica della malattia.

Infine, anche in questo studio si evidenzia come non è cosa semplice motivare i pazienti a seguire con regolarità e costanza le sedute di riabilitazione. Proprio questa mancata piena aderenza ai programmi di attività potrebbe spiegare, almeno in parte, i limitati benefici ottenuti.

 

Franco Folino

 

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