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Nella preistoria Il consumo di latte era diffuso, ma le persone erano intolleranti al lattosio

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Artistic reconstruction of Lola. Credit: Tom Björklund

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature, le popolazioni preistoriche in Europa potrebbero aver iniziato a consumare latte da animali domestici migliaia di anni prima che sviluppassero il gene per digerirlo. I risultati di questa ricerca offrono nuove informazioni sul consumo di latte e sull’evoluzione della tolleranza al lattosio.

Una mappa completa del consumo di latte nella preistoria,

Si ritiene che il consumo di latte nell’uomo antico abbia svolto un ruolo importante nell’evoluzione della persistenza dell’enzima lattasi negli adulti, che consente la digestione del lattosio contenuto nel latte. Tuttavia, l’intensità del consumo di latte può variare molto in base alla geografia e al tempo.

Per esplorare ulteriormente la coevoluzione dell’allevamento lattiero-caseario e della persistenza della lattasi, Richard Evershed e colleghi hanno costruito una mappa completa del consumo di latte nella preistoria, analizzando 6.899 residui di grasso animale derivati ​​da 13.181 frammenti di ceramica provenienti da 554 siti archeologici.

L’evidenza suggerisce che l’uso del latte era diffuso in Europa dal Neolitico in poi (dal 7.000 aC circa), ma variava tra regioni e in tempi diversi. Hanno anche esaminato la frequenza della principale variante del gene di persistenza della lattasi tra gli eurasiatici nel tempo, sulla base dei dati pubblicati sul DNA antico di 1.786 individui preistorici europei e asiatici. I risultati hanno mostrato che la persistenza della lattasi non era comune fino al 1.000 a.C. circa, quasi 4.000 anni dopo essere stata rilevata per la prima volta intorno al 4.700-4.600 a.C.

L’aumento della persistenza della lattasi

Insieme, questi risultati indicano che in Europa il consumo di latte era diffuso quando le persone preistoriche erano ancora in gran parte intolleranti al lattosio, sollevando dubbi sul fatto che il consumo di latte sia un fattore chiave per la persistenza della lattasi. Gli autori aggiungono che anche la modellizzazione dei dati genetici e archeologici non ha mostrato un forte legame tra il consumo di latte e l’aumento della persistenza della lattasi. Invece, hanno scoperto che gli indicatori per la carestia e l’esposizione ai patogeni spiegavano meglio la sua evoluzione. Gli autori concludono che i risultati dello studio sfidano la narrativa prevalente su come si è evoluto il gene di persistenza della lattasi e forniscono nuove prospettive per la ricerca futura su altre ipotesi plausibili.

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