Home Cardiochirurgia Le stagioni dell’infarto

Le stagioni dell’infarto

3467
0

Già in passato era stata proposta una stagionalità per l’infarto del miocardio, ovvero un periodo dell’anno in cui questo si verifica più frequentemente. Un bioritmo simile era stato proposto anche considerando la ciclicità dell’evento all’interno della singola giornata.

L’argomento torna ad essere attuale grazie ad un articolo, pubblicato online sull’American Heart Journal,  che ha valutato le variazioni regionali, stagionali e circadiane, dell’infarto miocardico negli Stati Uniti, sfruttando l’estensione geografica, e quindi la variabilità climatica, di questa nazione.

L’analisi e stata basata sui dati raccolti dal “Guideline-Coronary Artery Disease Program” dell’ American Heart Association, che ha coinvolto circa 1800 ospedali, ed ha raccolto informazioni su oltre il 75% dei pazienti con infarto miocardico negli Stati Uniti. I pazienti valutati nello studio sono stati complessivamente 82.971 ed avevano un’età media di 67,5 anni.

I ricoveri ospedalieri per infarto sono stati più frequenti in inverno (21.483); in primavera (n = 20.291), estate (n = 20.543) e autunno (n = 20.654) sono stati sostanzialmente simili.

Considerando i due gruppi di pazienti con infarto NSTEMI o STEMI, è stato osservato che in quest’ultimo gruppo non vi erano variazioni stagionali. Al contrario nei pazienti con NSTEMI si evidenziava una chiara variazione stagionale, con un maggior numero di eventi nel periodo invernale (n = 14.645) e una più bassa concentrazione in primavera (n = 13.613). In termini percentuali abbiamo quindi una riduzione di eventi del 7,6%. Va peraltro sottolineato che la mortalità ospedaliera non ha evidenziato alcuna variabilità stagionale.

Considerando anche la distribuzione geografica dei pazienti, sono stati registrati 46.876 ricoveri per infarto negli stati più freddi, rispetto ai 36.095 ricoveri negli stati dal clima più caldo. Le variazioni stagionali con predominanza invernale degli eventi sono state più evidenti negli stati caldi.

Non è stata dimostrata alcuna differenza stagionale significativa dei ricoveri con STEMI negli stati più freddi, ma il numero di ricoveri con STEMI negli stati più caldi è risultato maggiore in estate (25,9%) e, con percentuali simili, in inverno (25,4%). Anche i NSTEMI sono stati più frequenti in inverno negli stati più caldi, mentre non vi erano differenze significative negli stati più freddi.

Considerando la variabilità circadiana, sono stati osservati due picchi per i ricoveri: alle ore 10:00 e alle ore 16:00. Queste ore di punta erano evidenti sia per STEMI che per NSTEMI. Valutando complessivamente i ricoveri per infarto acuto, questi hanno avuto un picco alle ore 11.00, e questo picco si è mantenuto ben evidente in tutte le stagioni.

Nelle analisi per sottogruppi un risultato merita di essere sottolineato. Se i pazienti erano in trattamento con beta-bloccanti prima del ricovero per infarto, gli eventi erano minori nei mesi invernali, con un’inversione stagionale dei ricoveri che riguardava sia STEMI che NSTEMI.

In sintesi, questi risultati dimostrano una chiara prevalenza invernale per l’infarto miocardico acuto, con una predilezione per le ore della tarda mattinata, che si conferma nel maggior numero di eventi negli stati freddi.

Questa pubblicazione potrebbe sembrare uno studio di “costume”, ma raccoglie invece delle informazioni molto importanti per comprendere gli eventi trigger che possono indurre un’occlusione coronarica e quindi la sua complessa fisiopatologia.

Basti pensare come questi risultati si armonizzino perfettamente con quanto conosciuto sugli effetti dell’inquinamento atmosferico nei confronti degli eventi cardiovascolari, ed in particolare sull’infarto miocardico. I mesi invernali sono infatti quelli con maggior tasso di inquinamento da polveri, le stesse polveri che hanno dimostrato di causare un maggior numero di ricoveri per infarto miocardico. Al tempo stesso gli stati più freddi sono quelli dove si usano più combustibili e dove quindi si producono maggiormente polveri inquinanti. Infine, proprio i ß-bloccanti hanno dimostrato di attenuare gli effetti dell’inquinamento nei pazienti con cardiopatia coronarica, contrastando quell’incremento di attività simpatica indotto dall’inalazione di polveri sottili, che sembra essere responsabile non solo di una facilitazione degli eventi trombotici, ma anche di episodi aritmici ventricolari.

 

Franco Folino

 

 

Nagarajan V, et al. Seasonal and Circadian Variations of Acute Myocardial Infarction: Findings from the Get With The Guidelines-Coronary Artery Disease (GWTG-CAD) Program. American Heart Journal (2017). Pubblicato online.

 

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui