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Emicrania e rischio cardiovascolare: un’associazione confermata

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Secondo i più recenti dati epidemiologici, soffre di emicrania circa il 15% della popolazione mondiale. In Italia le stime parlano di circa 6 milioni di soggetti affetti, in prevalenza donne.

Già in passato precedenti sperimentazioni avevano evidenziato una associazione tra emicrania e malattie cardiovascolari. Da una collaborazione tra ricercatori danesi e statunitensi arriva ora uno studio che ha voluto valutare il rischio di infarto miocardico, ictus, vasculopatia periferica, tromboembolia venosa, fibrillazione o flutter atriale e insufficienza cardiaca in pazienti con emicrania, nel confronto con una popolazione generale.

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Sono stati così inclusi nell’analisi 51.032 pazienti con emicrania, in prevalenza donne e con età media alla diagnosi di 35 anni, e 510.320 soggetti di controllo.

Dopo aggiustamento per le covariabili, l’emicrania è risultata associata all’infarto miocardico (rapporto di rischio 1,49), all’ictus (ischemico HR 2,26, emorragico HR 1,94), al tromboembolismo venoso (HR 1,59) e alla fibrillazione o al flutter atriale (HR 1,25). Al contrario non sono state rilevate associazioni significative con la vasculopatia periferica e l’insufficienza cardiaca.

È interessante osservare che queste associazioni sono risultate più forti considerando un breve intervallo di follow-up, ovvero ad un anno dalla visita indice, in particolare nei pazienti con ictus, ischemico ed emorragico. Associazioni più forti sono state dimostrate anche nei pazienti con aura rispetto a quelli senza e nelle donne piuttosto che negli uomini.

I risultati di questo studio sembrano quindi fornire una sostanziale conferma a quanto già emerso in precedenza: l’emicrania rappresenta un importante fattore di rischio per gli eventi cardiovascolari.

 

Quali sono i meccanismi con cui l’emicrania predispone i soggetti ad eventi cardiovascolari?

È evidente che i meccanismi potenzialmente implicati sono molti.

Gli autori propongono alcune possibilità. Tra queste l’uso di farmaci antinfiammatori non steroidei, che conosciamo essere associato ad un maggior rischio di infarto miocardico e tromboembolismo venoso.

Vi sono poi condizioni sottostanti di disfunzione endoteliale, ipercoagulabilità e alterata aggregazione piastrinica, in rapporto o meno a fenomeni infiammatori. Non va poi dimenticato che esiste una associazione dimostrata tra emicrania e la presenza di un forame ovale pervio, a sua vola potenzialmente responsabile di fenomeni tromboembolici. Ultimo, ma non meno importante fattore, l’immobilizzazione, che spesso si accompagna alle crisi dolorose, ed è inevitabilmente correlata ad un aumento del rischio tromboembolico.

Se tutti questi fattori possono essere responsabili, almeno in parte, dell’aumento del rischio cardiovascolare nei soggetti con emicrania, è evidente che è difficile impostare specifiche strategie terapeutiche. Certo è che in questi pazienti sarà necessario un atteggiamento difensivo più marcato, nei confronti delle malattie cardiovascolari.

È peraltro evidente che non è l’emicrania in sé a far aumentare il rischio, ma bensì condizioni fisiopatologiche comuni che portano allo sviluppo delle crisi dolorose e all’innesco di processi protrombotici.

 

Kasper Adelborg, et al. Migraine and risk of cardiovascular diseases: Danish population based matched cohort study. BMJ 2018;360:k96.

 

 

 

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franco.folino
Franco Folino è un medico chirurgo, specialista in cardiologia, e un giornalista. Ha iniziato a lavorare come cronista alla fine degli anni settanta, scrivendo articoli per diverse riviste italiane di sport motoristici, e in seguito anche in media televisivi privati, estendendo il suo interesse in altri campi dell’informazione. Ha pubblicato differenti articoli scientifici ed editoriali su prestigiose riviste internazionali. Ha contribuito alla nascita di Newence, diventandone il direttore responsabile dal marzo del 2017.

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