Home Cardiologia Risonanza magnetica e SPECT a confronto: il valore prognostico nella malattia coronarica

Risonanza magnetica e SPECT a confronto: il valore prognostico nella malattia coronarica

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Dopo un crescente numero di sperimentazioni che hanno dimostrato l’utilità della risonanza magnetica cardiaca nello screening diagnostico della cardiopatia coronarica, arriva oggi, sulle pagine della rivista Annals of Internal Medicine, un’ulteriore conferma.

In questo articolo viene confrontato il valore diagnostico di due tecniche di imaging, la risonanza magnetica e la SPECT (single photon emission computed tomography), nel predire eventi cardiovascolari maggiori, nel corso di un follow-up minimo di 5 anni.

parte SPECT

I 628 pazienti arruolati nella sperimentazione avevano una diagnosi di sospetta angina ed almeno un fattore di rischio cardiovascolare maggiore. Nel corso dello studio sono stati sottoposti a risonanza magnetica e a SPECT, in modo randomizzato, seguite da uno studio coronarografico. L’endpoint considerato è stato un composito di morte cardiovascolare, infarto miocardico o sindrome coronarica acuta, una procedura di rivascolarizzazione coronarica non programmata o il ricovero ospedaliero per qualsiasi causa cardiovascolare.

Nel corso del periodo di osservazione sono stati registrati 171 eventi in 104 pazienti.

Una risonanza magnetica o una SPECT anormale si associavano ad un numero simile di eventi, (25.2% versus 21.2%). La percentuale di eventi è stata simile anche nel confronto tra pazienti rivascolarizzati o non rivascolarizzati (19% versus 15,6%), ma con tassi più elevati di eventi per i pazienti che presentavano risultati anormali alla risonanza o all’angiografia, indipendentemente dal fatto che fossero stati, o meno, rivascolarizzati. Al contrario, per la SPECT, la percentuale di eventi è risultata maggiore nei pazienti con esame normale che erano stati rivascolarizzati, rispetto a quelli non rivascolarizzati.

 

Risonanza magnetica cardiaca. Wikimedia commons
Risonanza magnetica cardiaca. Wikimedia commons

All’analisi univariata sia la risonanza sia la SPECT anormali sono risultati predittori significativi di eventi clinici (hazard ratio 2.77 e 1.62; P = 0.014). Nell’analisi multivariata però solo la risonanza magnetica ha mantenuto la sua significatività (hazard ratio 2.34; P = 0.001), anche dopo che i risultati dell’angiografia sono stati aggiunti al modello di calcolo (hazard ratio 1.81; P = 0.033).

Questi dati sembrano quindi indicare come la risonanza magnetica cardiaca possa predire, con maggiore efficacia rispetto alla SPECT, eventi cardiovascolari maggiori in pazienti coronaropatici, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare e dai risultati dello studio coronarografico.

Entrambi gli esami diagnostici valutati in questo studio richiedono peraltro la presenza all’interno dell’ospedale di moderne tecnologie, ma soprattutto di un team di cardiologi e radiologi con peculiari competenze ed adeguata esperienza nell’interpretazione dei risultati. Poter evitare l’esposizione del paziente a radiazioni ionizzanti è certamente un grande vantaggio, ma forse un confronto tra le diagnostiche di immagine per la cardiopatia coronarica, dovrebbe mirare a identificare indagini e protocolli altrettanto efficaci con test meno invasivi e ampiamente disponibili.

 

 

 

Greenwood JP, et al. Prognostic Value of Cardiovascular Magnetic Resonance and Single-Photon Emission Computed omography in Suspected Coronary Heart Disease: Long-Term Follow-up of a Prospective, Diagnostic Accuracy Cohort Study. Ann Intern Med 2016;165:1-9.

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