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La PCR ad alta sensibilità è utile per stratificare la prognosi anche nei pazienti con cardiopatia congenita

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Tetralogia di Fallot. OpenStax College.

Differenti studi epidemiologici hanno dimostrato un’associazione tra concentrazioni di proteina C-reattiva ad alta sensibilità (PCR-HS) e il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. Il suo valore prognostico è stato esplorato e confermato anche in pazienti che già presentavano una malattia cardiovascolare, nei confronti degli eventi clinici, ma non in soggetti con cardiopatia congenita.

A colmare questa lacuna ha pensato un gruppo di ricercatori statunitensi, che hanno condotto uno studio prospettico su oltre 700 pazienti con cardiopatia congenita, seguiti ambulatorialmente. La loro età media era di 39 anni e le malattie più rappresentate erano le lesioni ostruttive all’efflusso sinistro (21,8%) e la tetralogia di Fallot (21,1%).

L’endpoint primario era un composito di mortalità per tutte le cause o ospedalizzazione cardiovascolare non elettiva.

I risultati hanno dimostrato come la PCR-HS era correlata a misure di capacità funzionale, come la classe NYHA e il picco V̇O2, ma anche a comorbidità quali le aritmie atriali.

L’endpoint primario è stato registrato nel 16% dei pazienti studiati, nel corso di un follow-up medio di 815 giorni.

Livelli di PCR-HS compresi nei tre quartili inferiori, rispetto al quartile con concentrazioni più elevate, ha evidenziato un aumento del rischio per l’endpoint principale, che è passato dall’11% al 30% (HR aggiustato 2). Sempre confrontando le popolazioni di pazienti comprese negli stessi quartili, è risultato molto più elevato anche il rischio di mortalità per qualsiasi causa, risultato dell’1% nei quartili con concentrazioni inferiori e del 12% in quello superiore.

I ricercatori hanno anche analizzato altre interessanti correlazioni con altri eventi clinici, quali il peggioramento dell’insufficienza cardiaca e gli interventi di cateterismo cardiaco, riscontrando sempre un aumento del rischio in soggetti con livelli di PCR-HS più elevati.

I risultati di questo studio sembrano quindi rivelare come la PCR-HS fornisca importanti informazioni sul paziente in due ambiti distinti, ma probabilmente correlati tra loro.

Nel primo, si evidenzia come le concentrazioni di questo biomarker dell’infiammazione si correlino alla capacità funzionale del paziente, mentre il secondo pare legato ad alla sua capacità prognostica.

Anche se questi risultati in linea generale erano forse prevedibili, la cospicua quota di incremento del rischio indotta da valori elevati di PCR-HS può sorprendere.

Ora è però indispensabile indirizzare l’attenzione sui processi fisiopatologici che stanno alla base della produzione del biomarcatore, al fine di svelare i meccanismi che mettono in rapporto i fenomeni infiammatori, siano essi localizzati o generalizzati, con l’evoluzione della malattia congenita.

Far piena luce su questi aspetti, potrebbe consentire lo sviluppo di specifiche strategie terapeutiche in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari in questi pazienti.

 

Franco Folino

 

 

Alexander R Opotowsky, et al. Prospective cohort study of C-reactive protein as a predictor of clinical events in adults with congenital heart disease: results of the Boston adult congenital heart disease biobank. European Heart Journal, Published: 12 July 2018.

 

 

 

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