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Nuove evidenze: con il rosiglitazone aumenta il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari

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Una recente ricerca aggiunge nuove conferme sugli effetti negativi del rosiglitazone, un farmaco usato per trattare il diabete di tipo 2, sul sistema cardiovascolare. In particolare, viene messo in luce un significativo aumento del rischio di sviluppare un’insufficienza cardiaca.

Questo studio, pubblicato sul British Medical Journal, rappresenta la valutazione più completa del rischio cardiovascolare del rosiglitazone mai effettuata.

Rosiglitazone nel trattamento del diabete di tipo 2

Il rosiglitazone è indicato nel trattamento di pazienti con diabete di tipo 2. Appartiene a una classe di farmaci chiamati tiazolidinedioni e funziona come un sensibilizzatore dell’insulina nelle cellule adipose, legandosi ai recettori attivati da proliferatori perossisomiali (PPARs), un gruppo di proteine ​​del recettore nucleare che funzionano come fattori di trascrizione. Questo legame rende le cellule più sensibili all’insulina.

D’altra parte, il rosiglitazone ha sollevato una grande dibattito sui suoi effetti avversi cardiovascolari, tanto da portare alla sospensione del farmaco in Europa e a restrizioni sul suo utilizzo negli Stati Uniti.

Tuttavia, dal 2007 differenti studi hanno riportato risultati contrastanti sul fatto che il rosiglitazone aumenti il ​​rischio di sviluppare malattie cardiache, ma queste ricerche non hanno avuto accesso ai dati grezzi, noti anche come dati a livello di singolo paziente (individual patient level data – IPD), provenienti da studi clinici e si sono basati principalmente su dati di livello sommario (ad es. risultati riportati in pubblicazioni e registri di studi clinici), che non sono affidabili nella stima del vero profilo di sicurezza dei farmaci.

Rivalutare gli effetti collaterali del rosiglitazone

I recenti sforzi di GlaxoSmithKline (GSK) – il produttore di rosiglitazone – per rendere disponibili IPD ai ricercatori esterni, hanno spinto un gruppo di studiosi statunitensi a riesaminare i dati e chiarire alcune delle incertezze sul rischio cardiovascolare del rosiglitazone.

Hanno analizzato così i risultati di oltre 130 studi che avevano coinvolto oltre 48.000 pazienti adulti e confrontato rosiglitazone con qualsiasi controllo per almeno 24 settimane. L’IPD era disponibile per 33 studi, per complessivi 21.156 pazienti. Gli studi rimanenti avevano a disposizione solo dati di livello riassuntivo.

Aumenta il rischio di eventi cardiovascolari

Quando i ricercatori hanno analizzato l’IPD dagli studi resi disponibili da GSK, hanno scoperto che il rosiglitazone era associato ad un rischio aumentato del 33% di un evento cardiovascolare composito (infarto, insufficienza cardiaca, morte cardiovascolare e non cardiovascolare) rispetto ai controlli. Questo è stato stimato dai 274 eventi occorsi in 11.837 pazienti trattati con rosiglitazone e dai 219 eventi registrati tra 9.319 pazienti di controllo.

Esaminando gli eventi cardiovascolari in modo indipendente, le analisi dei 33 studi GSK con IPD hanno portato a stime più elevate del rischio di infarto miocardico rispetto alle analisi ottenute dagli studi con IPD e dati di livello riassuntivo.

Questi risultati evidenziano come sia possibile ottenere diversi risultati derivando i dati da differenti fonti. Gli autori di questo studio sottolineano come i loro risultati dimostrano la necessità di una maggiore trasparenza nella sperimentazione clinica e nella condivisione dei dati, per poter valutare accuratamente la sicurezza dei farmaci.

Dati a livello di singolo paziente per classificare gli eventi avversi

“Il nostro studio suggerisce che quando si valuta la sicurezza dei farmaci e si eseguono meta-analisi incentrate sulla sicurezza, potrebbe essere necessario disporre di IPD per classificare accuratamente tutti gli eventi avversi”, scrivono.

“Includendo questi dati nella ricerca, pazienti, clinici e ricercatori sarebbero in grado di prendere decisioni più informate sulla sicurezza degli interventi”. Aggiungono: “Il nostro studio evidenzia la necessità di una valutazione indipendente delle prove per promuovere la trasparenza e garantire la fiducia nelle terapie approvate e una sorveglianza post-commercializzazione che tenga traccia di rischi e benefici noti e sconosciuti”.

 

 

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