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Apixaban più efficace e sicuro di rivaroxaban nella prevenzione delle trombosi venose

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CortoFrancese. CC BY-SA 4.0

Confrontando i risultati clinici ottenuti in pazienti con eventi trombotici venosi, trattati con rivaroxaban e apixaban, si è visto che quest’ultimo farmaco si è dimostrato in grado di contenere maggiormente le recidive trombotiche e ridurre gli eventi emorragici.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine, ha incluso complessivamente oltre 36.000 pazienti trattati per la prima volta con questi farmaci che sono stati poi seguiti per un follow-up mediano di oltre 100 giorni.

Gli anticoagulanti diretti

Gli anticoagulanti diretti stanno progressivamente sostituendo i farmaci anticoagulanti orali di vecchia generazione come il warfarin, nella prevenzione degli eventi tromboembolici.

Oltre che nei confronti dei pazienti con fibrillazione atriale, l’indicazione a questi farmaci si sta via via estendendo anche alla prevenzione delle recidive in soggetti che hanno sofferto di eventi tromboembolici venosi o sono ad alto rischio di svilupparli.

Gli anticoagulanti orali diretti ad oggi più utilizzati sono quattro: rivaroxaban, apixaban, edoxaban e dabigatran. I primi tre sono inibitori diretti del fattore Xa, mentre l’ultimo è un inibitore diretto della trombina. Tutti questi farmaci si sono dimostrati superiori rispetto al warfarin o alle eparine a basso peso molecolare nel ridurre il rischio di complicanze tromboemboliche, offrendo però il vantaggio di ridurre in modo significativo il rischio di sviluppare sanguinamenti.

Oltre a questo, gli anticoagulanti diretti consentono anche di programmare follow-up meno frequenti dei pazienti, agiscono più rapidamente e presentano meno interazioni con altri farmaci o con gli alimenti.

farmacologiche e alimentari.

Se queste quattro molecole sono state confrontate in differenti studi con i più datati anticoagulanti, come il warfarin, solo negli ultimi tempi stanno arrivando i primi studi che li confrontano tra loro. Uno di questi ve lo abbiamo già presentato in un nostro precedente articolo. Ha confrontato, dabigatran, apixaban e rivaroxaban, evidenziando che quest’ultimo era gravato da tassi di sanguinamento gastrointestinale più elevati, indipendentemente dall’indicazione al trattamento.

Apixaban e rivaroxaban a confronto

Questo nuovo studio retrospettivo propone il confronto tra apixaban e rivaroxaban in termini di efficacia e sicurezza, quando utilizzati in pazienti con precedenti eventi tromboembolici. Sono stati inclusi pazienti registrati un vasto database sanitario assicurativo degli Stati Uniti nel periodo 1° gennaio 2015 – 30 giugno 2020. Tra questi, sono stati considerati nell’analisi 18.618 nuovi utilizzatori di apixaban e 18.618 nuovi utilizzatori di rivaroxaban.

L’endpoint primario di efficacia era il tromboembolismo venoso ricorrente, inteso come un composito di trombosi venosa profonda ed embolia polmonare. L’endpoint primario di sicurezza era un composito di sanguinamento gastrointestinale e intracranico.

Il follow-up mediano è stato di 102 giorni per i pazienti che assumevano apixaban e di 105 giorni per quelli trattati con rivaroxaban.

Nel gruppo di pazienti trattati con apixaban, 475 hanno fatto registrare recidive di eventi tromboembolici (8,9 eventi per 100 persone-anno). Nel gruppo trattato con rivaroxaban i pazienti con recidive sono stati invece 595 (11,4 eventi per 100 persone-anno).

Per quanto riguarda la sicurezza, i sanguinamenti sono stati registrati in 386 pazienti del gruppo apixaban (7,2 eventi per 100 persone-anno) e in 577 del gruppo rivaroxaban (11 eventi per 100 persone-anno).

Di conseguenza, apixaban, rispetto a rivaroxaban, era associato a un tasso più basso di eventi tromboembolici ricorrenti (hazard ratio, 0,77) e di sanguinamenti (hazard ratio, 0,60).

Anticoagulanti diretti: apixaban più efficace e più sicuro

Anche se questo studio è stato limitato ad un follow-up piuttosto breve, di poco superiore ai tre mesi, i suoi risultati sono certo interessanti. Rispetto al suo rivale, apixaban si è dimostrato più efficace e più sicuro. Non solo ha ridotto le recidive trombotiche, ma è stato gravato anche da un numero minore di sanguinamenti.

In questo momento ci si può attendere una serie di studi di confronto tra gli anticoagulanti orali ora in commercio, tesi a dimostrare quale sia il migliore. Ovviamente tutti i risultati andranno soppesati con attenzione, con particolare riguardo alle caratteristiche cliniche dei pazienti valutati. Ancor più interessanti sono però gli studi sulla prossima generazione di anticoagulanti orali, gli inibitori del fattore XI, come il milvexian, che potrebbero del tutto soppiantare gli anticoagulanti diretti che conosciamo oggi (leggi il nostro precedente articolo sul milvexian).

 

Franco Folino

 

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