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Acido bempedoico nei pazienti intolleranti alle statine: dimostrata la sua efficacia anche nella prevenzione degli eventi cardiovascolari

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La placca aterosclerotica. Manu5. Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

L’acido bempedoico torna alla ribalta e lo fa in modo sorprendente, dimostrando di poter competere con le statine nella prevenzione degli eventi cardiovascolari. Lo attestano i risultati ottenuti nello studio CLEAR, pubblicato sabato scorso sul New England Journal of Medicine, che ha valutato un corposo gruppo di pazienti intolleranti alle statine.

In questi soggetti l’acido bempedoico è riuscito ridurre l’incidenza di un endpoint composito di eventi cardiovascolari quali la morte per cause cardiovascolari, l’infarto miocardico non fatale, l’ictus non fatale e la rivascolarizzazione coronarica.

Acido bempedoico: una valida alternativa alle statine?

Già nel 2019 avevamo pubblicato su Newence un articolo che riguardava l’acido bempedoico, presentando i risultati di uno  studio che dimostrava l’efficacia di questo farmaco nel ridurre i livelli di LDL. Purtroppo, questa ricerca, di fase III, non era stata disegnata per valutare gli eventi clinici, ma già allora avevamo preannunciato che uno studio sugli eventi cardiovascolari era già iniziato. Ora, puntualmente, arrivano i risultati di questa sperimentazione. Risultati che potrebbero far cambiare in modo significativo l’approccio al trattamento dell’ipercolesterolemia nei soggetti a rischio, intolleranti alle statine.

Ed è proprio sull’intolleranza alle statine che si basa lo sviluppo dell’acido bempedoico che si è sin dall’inizio proposto come una valida alternativa, gravata da minori eventi avversi, da utilizzare in associazione all’ezetimibe o alle statine a basso dosaggio.

Le mialgie e la debolezza muscolare sono trai più frequenti eventi avversi delle statine e, anche se a volte sono decisamente sovrastimati, impediscono molto spesso di impostare nei pazienti a rischio un efficace controllo dell’ipercolesterolemia.

Lo studio del 2019 aveva evidenziato un ottimo profilo di sicurezza per quanto riguarda gli eventi avversi muscolari. Mialgia e la debolezza muscolare erano state segnalate con una frequenza simile nel gruppo trattato con acido bempedoico e nel gruppo trattato con placebo (rispettivamente circa il 3% e lo 0,4% dei pazienti).

Cos’è l’acido bempedoico e come funziona?

L’acido bempedoico è una molecola che ha iniziato ad essere sviluppata nel 2003 e agisce inibendo le vie metaboliche che portano alla sintesi del colesterolo, così come fanno le statine, ma intervenendo in una fase differente di questo processo.

L’acido bempedoico un profarmaco che è convertito nel fegato dall’acil-CoA sintetasi 1 in un coenzima A che è responsabile dell’inibizione dell’ATP citrato liasi. Questa liasi collega il metabolismo del glucosio alla lipogenesi catalizzando la scissione del citrato di derivazione mitocondriale in acetil-CoA citosolico e ossalacetato. A sua volta l’acetil-CoA, un precursore della via del mevalonato della biosintesi del colesterolo, è l’elemento fondamentale sia per la sintesi del colesterolo, sia per quella degli acidi grassi.

L’acido bempedoico ha un buon assorbimento e un’ottima biodisponibilità, con un’emivita di circa 21 ore, ideale quindi per una somministrazione giornaliera. Anche in caso di insufficienza renale i suoi indici di farmacocinetica restano sostanzialmente stabili ed è minimamente metabolizzato dal CYP-450.

Nelle fasi iniziali del suo sviluppo clinico era stata evidenziata la sua capacità di far incrementare i livelli di simvastatina quando questa era stata somministrata in associazione. Ed in effetti l’acido bempedoico è stato inizialmente proposto come farmaco da associare alle statine, in pazienti che non raggiungevano i target terapeutici prefissati. Un’indicazione che ancor oggi è presente nelle schede tecniche dei preparati già in commercio.

D’altra parte però, quando i pazienti assumono già una statina ad un dosaggio elevato la via di biosintesi del colesterolo è fortemente inibita e quindi l’aggiunta dell’acido bempedoico non fornisce una ulteriore significativa riduzione dei livelli di colesterolo LDL.

Studi precedenti avevano evidenziato che l’acido bempedoico riduceva le LDL del 17,8% nei pazienti che assumevano contestualmente statine e del 24,5% in monoterapia. La sua somministrazione è stata valutata anche in associazione all’ezetimibe, con una riduzione delle LDL del 38%.

Lo studio del 2019 aveva incluso 779 pazienti che erano stati randomizzati ad acido bempedoico (180 mg/die) o placebo e trattati per 52 settimane. I risultati della sperimentazione hanno evidenziato che i pazienti che avevano assunto l’acido bempedoico avevano avuto una riduzione dei livelli di LDL del 15,1%.

Acido bempedoico: l’efficacia nella prevenzione degli eventi cardiovascolari

Questo nuovo studio ha voluto quindi valutare l’efficacia dell’acido bempedoico anche sugli eventi clinici. Passo fondamentale per sancire quel salto di qualità che lo distingue dai semplici nutraceutici, oggi tanto utilizzati (forse troppo) in alternativa alle statine.

Il disegno dello studio è stato un rigoroso doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo che ha reclutato pazienti che non erano in grado, o non volevano, assumere statine, a causa degli effetti avversi, e avevano un rischio cardiovascolare alto.

I due gruppi di trattamento prevedevano quindi acido bempedoico orale, 180 mg al giorno, o placebo. L’endpoint primario era un composito di quattro eventi cardiovascolari maggiori: morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale, rivascolarizzazione coronarica.

Nel complesso sono stati inclusi nello studio oltre 13.000 pazienti (età media 65 anni) che sono stati seguiti nel corso di un follow-up mediano di 40,6 mesi. Il livello medio di colesterolo LDL alla visita basale era di 139 mg/dL in entrambi i gruppi di trattamento.

Circa il 30% dei pazienti aveva indicazione ad un trattamento con ipocolesterolemizzanti in prevenzione primaria e il 70% circa in prevenzione secondaria.

Acido bempedoico: i risultati dello studio CLEAR

I risultati hanno confermato l’efficacia dell’acido bempedoico nel ridurre i livelli delle LDL che a 6 mesi si erano ridotte di 29,2 mg/dL rispetto al placebo.

Ma veniamo all’aspetto più importante di questo studio, ovvero l’efficacia in termini di prevenzione cardiovascolare. Ebbene, l’endpoint primario (composito di 4 eventi) si è verificato con minor frequenza nei soggetti trattati con acido bempedoico rispetto al placebo (11,7% versus 13,3%), con un rapporto di rischio di 0,87. La riduzione potrà sembrare non eccessiva, ma dobbiamo ricordare che lo studio è durato mediamente solo 40 mesi circa.

Alla stesso modo sono risultate ridotte le incidenze dell’endpoint composito di tre eventi (morte da cause cardiovascolari, ictus non fatale o infarto miocardico non fatale; 8,2% versus 9,5%) e di eventi singoli quali l’infarto miocardico fatale o non fatale (3,7% versus 4,8%) e la rivascolarizzazione coronarica (6,2% versus 7,6%).

Al contrario non sono state ottenute riduzione significative per eventi considerati singolarmente quali l’ictus fatale e non fatale, la morte per cause cardiovascolari e la morte per qualsiasi causa.

I ricercatori interpretano questa mancanza di effetti sulla mortalità come dovuta all’efficacia delle terapie concomitanti assunte dai pazienti, così come ad un periodo di trattamento e di follow-up troppo brevi.

Sono stati registrati eventi avversi?

L’altro aspetto importante da valutare era l’incidenza di effetti avversi. In quest’ambito è stata evidenziata un’incidenza simile nei due gruppi di studio per gli eventi avversi prespecificati. In particolare, le mialgie sono state riportate nel 5,6% dei pazienti nel gruppo acido bempedoico e nel 6,8% di quelli nel gruppo placebo.

D’altra parte, gli aumenti degli enzimi epatici si sono verificati con maggior frequenza nei pazienti trattati con il farmaco attivo (4,5% versus 3,0%), così come gli eventi avversi a carico dei reni (8,6 versus 1,5%). Anche l’incidenza di iperuricemia è stata più alta nel gruppo trattato con acido bempedoico, rispetto al gruppo trattato con placebo (10,9% vs. 5,6%), così come le incidenze di gotta (3,1% vs. 2,1%) e colelitiasi (2,2% vs. 1,2%).

Il commento editoriale

Solitamente gli editoriali di accompagnamento analizzano lo studio collegato in modo molto composto, facendo emergere con prudenza con gli aspetti positivi e quelli negativi della ricerca. In questo caso il Prof. John H. Alexander, della divisione di cardiologia del Duke Clinical Research Institute, di Durham, nel North Carolina, autore di un editoriale di accompagnamento, sembra far trapelare il suo entusiasmo per i risultati ottenuti in questo studio.

Infatti, considera questi risultati convincenti e pensa che porteranno ad un maggior utilizzo dell’acido bempedoico nei pazienti con malattia vascolare aterosclerotica e in quelli ad alto rischio di malattia vascolare che non possono, o non vogliono, assumere statine.

D’altro canto, afferma che è prematuro l’utilizzo dell’acido bempedoico in alternativa alle statine, per i maggiori effetti benefici ottenibili con l’impiego di queste ultime. Il prof. Alexander sostiene quindi che i medici dovrebbero continuare i loro sforzi per prescriverle alle dosi massime tollerate.

L’editoriale continua analizzando un altro aspetto interessante emerso dallo studio CLEAR, ovvero la mancanza di effetti dell’acido bempedoico sulla mortalità. Oltre alle interpretazioni proposte dagli autori dello studio, il prof. Alexander ricorda che anche molti studi individuali sulle statine non hanno mostrato un effetto sulla mortalità, quando considerate in ricerche singole, ma solo quando valutate attraverso meta-analisi di molteplici studi clinici.

Conclude che l’acido bempedoico è ormai entrato di diritto nell’elenco delle alternative alle statine, per la prevenzione primaria e secondaria, nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

Il trattamento dell’ipercolesterolemia: che futuro ci attende?

Lo studio CLEAR tiene fede al suo acronimo e dimostra senza alcun dubbio che l’acido bempedoico è in grado non solo di ridurre il livello delle LDL, ma anche l’incidenza degli eventi cardiovascolari.

Le statine rimangono certo il caposaldo nel trattamento dell’ipercolesterolemia nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, ma questa nuova molecola può svolgere un ruolo importantissimo, ponendosi come alternativa scientificamente credibile a questi farmaci.

Troppo spesso pazienti ad alto rischio cardiovascolare non assumono le statine, o le assumono in dosi non adeguate, a causa di veri o presunti effetti collaterali di questi farmaci. Le mialgie possono verificarsi, ma quante di queste sono realmente attribuibili alle statine? Già in passato uno studio aveva documentato un effetto nocebo di questi farmaci e la cosa non sorprende, considerando che il solo passaparola tra i pazienti ha ormai creato dei preconcetti sulle statine molto ben radicati, difficili da cancellare.

L’acido bempedoico fornisce ora la soluzione, per garantire un trattamento efficace anche nei pazienti intolleranti alle statine.

Dagli studi clinici alle linee guida

Le linee guida 2019 della Società Europea di Cardiologia sulle dislipidemie inserivano l’acido bempedoico tra le prospettive future di trattamento, apprezzandone i risultati in monoterapia e in combinazione con ezetimibe. Nel 2021 le linee guida ESC sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari osservavano che l’acido bempedoico era stato approvato in diversi paesi, ma con un uso principalmente in combinazione con ezetimibe.

In entrambi i documenti si faceva cenno agli studi indirizzati alla valutazione degli eventi clinici che erano già in corso. I risultati di questi studi sono ora arrivati. Vedremo quanto rapidamente l’acido bempedoico sarà ufficialmente considerato come una valida alternativa alle statine nelle prossime linee guida. Nell’attesa sarebbe comunque lecito attendersi un suo maggior utilizzo in tempi brevi.

 

Franco Folino

 

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