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La malattia coronarica è influenzata di più dal rischio genetico o dallo stile di vita?

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Sappiamo con certezza che la predisposizione a sviluppare malattie cardiovascolari è il risultato di una complessa interazione tra fattori ambientali e genetici.

Nel corso degli ultimi decenni, molti studi hanno documentato come lo stile di vita, nei suoi differenti aspetti, rivesta un’importanza cruciale nello sviluppo dell’aterosclerosi, documentando gli effetti negativi di una cattiva alimentazione o di una vita sedentaria.

D’altra parte la storia familiare è da sempre utilizzata come un semplice criterio per valutare il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari, riflettendo la componente genetica di questi processi patologici.

Più recentemente, attraverso lo sviluppo di metodi efficienti per la genotipizzazione molecolare e di test genetici specifici, sono stati proposti sistemi più accurati per identificare con certezza individui ad elevato rischio cardiovascolare.

Le tecnologie che consentono di eseguire test genetici seriati, su un numero molto grande di dati, in un tempo ristretto, hanno portato ad una dettagliata mappatura del genoma umano, aprendo così le porte ad un’infinita risorsa di informazioni su cui basare la valutazione della predisposizione alla malattia. Da questo si è arrivati all’identificazione di oltre 50 loci indipendenti associati con il rischio di malattia coronarica.

 

Nello sviluppo della patologia aterosclerotica, quanto vale la componente genetica e quanto quella ambientale?

 

Già in passato alcuni studi avevano cercato di dare un peso preciso alla componente genetica, attribuendo ad una storia di malattia cardiovascolare aterosclerotica precoce in un genitore, un incremento di circa tre volte del rischio del rischio di sviluppare una malattia simile nei figli.

Un nuovo studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine, cerca ora di identificare con precisione il rispettivo peso della componente legata allo stile di vita e quella genetica, nello sviluppo di una malattia coronarica aterosclerotica.

Per questo, sono state analizzate quattro popolazioni di pazienti derivate da altrettanti studi: il “Atherosclerosis Risk in Communities”, il “Women’s Genome Health Study”, il “Malmö Diet and Cancer Study” e il BioImage Study.

Per valutare il rischio genetico è stato utilizzato un punteggio poligenico, basato su un’analisi condotta fino a 50 polimorfismi a singolo nucleotide. La valutazione dello stile di vita si è basata sulla valutazione di quattro fattori: fumo, obesità, attività fisica e dieta salutare. L’end point primario considerato è stato un composito di infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica e morte per cause coronariche. Sono stati valutati nell’analisi finale 55.685 pazienti.

Il rischio relativo di eventi coronarici è risultato superiore di ben il 91% nei soggetti cui era stato assegnato un punteggio di rischio genetico elevato, rispetto a quelli con un punteggio valutato come basso.

La prevalenza di una storia familiare di malattia coronarica era più elevata tra i soggetti ad alto rischio genetico rispetto a quelli a basso rischio.

Come era da attendersi, lo studio ha evidenziato che uno stile di vita corretto, definito dalla presenza di almeno tre fattori positivi sui quattro considerati, si associava ad un rischio notevolmente inferiore di eventi coronarici e, cosa particolarmente interessante, era indipendente dal punteggio di rischio genetico.

A loro volta, i pazienti ad alto rischio genetico, ma che mantenevano uno stile di vita corretto, avevano un rischio relativo del 46% inferiore rispetto a quelli con uno stile di vita sfavorevole.

Tra i soggetti ad alto rischio genetico, il tasso di eventi coronarici a 10 anni variava dal 10,7% e il 4,6% tra quelli con uno stile di vita sfavorevole e tra il 5,1% e il 2% in quelli con uno stile di vita favorevole. Nei pazienti con un basso rischio genetico, gli eventi coronarici a 10 anni variavano tra il 5,8% e l’1,8% nei soggetti con uno stile di vita sfavorevole e tra il 3,1% e l’1,2% in quelli con uno stile di vita corretto.

Una sotto-analisi ha evidenziato inoltre che sia il punteggio di rischio genetico, sia lo stile di vita si associavano alla presenza di calcificazioni coronariche.

 

Meglio avere un profilo genetico a basso rischio

 

Da questi dati sembra emergere con chiarezza, come peraltro atteso, che uno stile di vita corretto fa ridurre in modo sostanziale il rischio di una malattia coronarica, qualsiasi sia il rischio genetico del soggetto. D’altra parte i risultati sembrano suggerire che in presenza di un rischio genetico elevato, anche mantenendo uno stile di vita morigerato, si ottenga un rischio di eventi coronarici simile a quello di soggetti a basso rischio, pur con uno stile di vita sregolato.

Va peraltro considerato che sono state esaminate popolazioni di quattro differenti studi clinici, non particolarmente omogenee fra loro e che solo tre di questi studi avevano un disegno prospettico. La diversità metodologica delle sperimentazioni potrebbe inoltre aver influenzato i risultati per il modo in cui sono stati valutati i fattori su cui si basava la stratificazione degli stili di vita.

 

Franco Folino

 

 

Khera AV et al. Genetic Risk, Adherence to a Healthy Lifestyle, and Coronary Disease. N Engl J Med 2016;375:2349-58.

 

 

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