Nel trattamento delle infezioni acute del tratto respiratorio, vengono sempre più spesso privilegiati antibiotici ad ampio spettro, nella convinzione di poter ottenere più facilmente e rapidamente la guarigione.
In realtà sembra che la garanzia di avere un impatto efficace su un più vasto numero di agenti patogeni, non offra risultati migliori rispetto all’utilizzo di antibiotici a spettro ristretto. Sono queste le conclusioni cui è giunto un recente studio, in parte retrospettivo e in parte prospettico, pubblicato sul JAMA, che ha valutato una vasta popolazione di bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 12 anni.
Le malattie trattate sono state otiti medie, faringiti streptococciche del gruppo A e sinusiti. Tra gli oltre 30.000 bambini inclusi nello studio retrospettivo, solo il 14% era stato trattato con un antibiotico a largo spettro (amoxicillina-clavulanato, cefalosporine e macrolidi).
In termini di efficacia, l’utilizzo di antibiotici a spettro ristretto non si è associato a una minore efficacia terapeutica, evidenziando tassi di fallimento simili nei due gruppi (3,4% per gli antibiotici ad ampio spettro versus 3,1% per gli antibiotici a spettro ristretto).
Nella coorte prospettica, composta da 2.472 bambini, gli antibiotici a largo spettro hanno invece registrato un utilizzo del 35% e sono stati associati a un più alto rischio di eventi avversi documentati dal medico (3,7% versus 2,7%), nonché di quelli riportati dal paziente (36% versus 25%).
Quanto emerge dallo studio, sembra quindi rivalutare l’utilizzo degli antibiotici a spettro ristretto nel trattamento delle infezioni acute del tratto respiratorio nei bambini, non solo perché consentono di ottenere equiparabili successi terapeutici rispetto ai più evoluti antibiotici a largo spetto, ma anche perché consentono di contenere gli effetti avversi correlati al trattamento.
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