Home Cardiologia Trattare l’ipercolesterolemia riduce gli eventi cardiovascolari anche in pazienti a rischio intermedio

Trattare l’ipercolesterolemia riduce gli eventi cardiovascolari anche in pazienti a rischio intermedio

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Fino ad oggi numerosi studi hanno dimostrato una chiara e consistente efficacia di un trattamento con statine nella prevenzione, primaria o secondaria, di eventi cardiovascolari in pazienti ad alto rischio.

Al contrario molti dubbi sorgono quando si devono trattare pazienti a rischio basso od intermedio. La percezione è che il trattamento possa essere efficaci anche in questi gruppi di pazienti, ma le conferme dagli studi clinici sono scarse.

Proprio questa incertezza ha portato negli ultimi tempi ad un uso sempre più diffuso, in autoprescrizione o dietro consiglio del curante, di sostituiti nutraceutici delle statine, che peraltro non hanno mai dimostrato la loro efficacia nel prevenire eventi cardiovascolari.

Arrivano ora nuove analisi derivate dallo studio HOPE, un ampio studio che ha valutato gli effetti a lungo termine di rosuvastatina in soggetti di diversa etnie, a rischio intermedio, senza precedenti patologie cardiovascolari.

Il New England Journal of Medicine, ospita nel suo numero del 26 maggio una serie di articoli con analisi derivate da questo trial multicentrico. Tra queste una è dedicata alla valutazione degli effetti della rosuvastatina nella prevenzione di eventi cardiovascolari in uomini con età ≥55 anni o donne con età ≥ 65 anni che avevano almeno uno dei seguenti fattori di rischio cardiovascolare: elevato rapporto vita-fianchi,  basso livello di colesterolo HDL, uso del tabacco in corso o recente, alterazioni del metabolismo glucidico  (alterata glicemia a digiuno, intolleranza glucidica o diabete non complicato in dietoterapia), familiarità per  malattia coronarica precoce, disfunzione renale lieve (microalbuminuria o GFR <60 ml min / 1.73m² o creatinina> 1.4mg/dl, salvo che il partecipante avesse proteinuria o pressione > 130/80mmHg). Inoltre, sono state incluse donne con una età ≥60 anni con almeno due di questi fattori di rischio.

Lo studio, a cui hanno partecipato 228 centri di 21 paesi, includendo 12705 pazienti, è stato condotto con un disegno fattoriale 2-by-2, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo. La rosuvastatina è stata somministrata alla dose di 10mg/die e  il primo outcome coprimario composito era rappresentato da morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale. Il secondo outcome co-primario includeva inoltre l’arresto cardiaco, lo scompenso cardiaco e le procedure di rivascolarizzazione.

Alla valutazione basale, il livello di colesterolo totale medio era di 201,4 mg/dl, quello del colesterolo LDL di 127,8 mg/dl.

Il primo endpoint co-primario si è verificato in 235 partecipanti (3.7%) nel gruppo rosuvastatina e in 304 (4,8%) nel gruppo placebo (Hazard ratio, 0.76; 95% intervallo di confidenza 0,64-0,91; P = 0,002; numero necessario da trattare con rosuvastatina per prevenire un endpoint co-primario evento, 91).

Il secondo endpoint co-primario si è verificato in 277 partecipanti (4,4%) del gruppo rosuvastatina e in 363

(5,7%) del gruppo placebo (hazard ratio, 0,75; 95% CI, 0,64-0,88; P <0.001; NTT, 73).

Sulla base di questi dati sembra che vi sia una significativa efficacia del trattamento ipocolesterolemizzante nel prevenire eventi cardiovascolari in pazienti a rischio intermedio. E’ interessante osservare inoltre, per quando riguarda la sicurezza del trattamento, che non c’era alcuna differenza significativa tra i due gruppi nel numero dei partecipanti in cui il trattamento è stato definitivamente interrotto a causa di sintomi muscolari (83 [1,3%] nel gruppo rosuvastatina e 76 [1,2%] nel gruppo placebo, P = 0.63).

 

nejmID

Yusuf S, et al. Cholesterol Lowering in Intermediate-Risk Persons without Cardiovascular Disease. N Engl J Med 2016;374:2021-31.

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