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Chi dorme troppo poco, o troppo, ha un rischio maggiore di sviluppare un infarto miocardico

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copyright American Heart Association

Nel corso di quest’anno vi abbiamo proposto differenti articoli che mettevano in relazioni le ore di sonno con alcuni effetti negativi sulla salute. In particolare, le relazioni tra durata del sonno e sviluppo di aterosclerosi, mortalità, alterazioni del DNA.

Una nuova ricerca, pubblicata sul Journal of the American College of Cardiology, ha evidenziato che un sonno di breve durata può rappresentare un fattore di rischio anche per l’infarto miocardico.

Durata del sono e infarto miocardico

Già precedenti studi avevano valutato la relazione tra durata del sonno e rischio di infarto miocardico. I risultati erano stati significativi, ma non in senso univoco. Infatti, il rischio di sviluppare un infarto del miocardio non era stato evidenziato solo nelle persone che dormivano troppo poco, ma anche in quelle che dormivano troppo.

Sembrava delinearsi quindi una situazione in cui esiste una durata ideale del sonno, per prevenire il rischio di infarto, che deve essere compresa tra le sette e le otto ore.

In questo nuovo studio i ricercatori sono andati oltre, cercando di verificare se l’impatto clinico delle ore di sonno fosse in grado addirittura di mitigare la predisposizione genetica alla malattia coronarica.

La malattia coronarica e le ore di sonno

Questo nuovo studio ha così cercato di valutare l’associazione tra durata del sonno e infarto miocardico, tenendo conto anche del rischio genetico di malattia coronarica.

Per fare questo hanno utilizzato un database sanitario del Regno Unito, analizzando i dati di oltre 460.000 soggetti, di età compresa tra i 40 e i 69 anni, privi di patologie cardiovascolari rilevanti.

Il sonno è stato definito breve se la sua durata era inferiore alle sei ore e lungo se era superiore alla nove ore. Nell’analisi sono state introdotte anche informazioni sul profilo genetico dei partecipanti.

La durata ideale del sonno

I risultati dello studio hanno evidenziato che chi aveva un sonno breve aveva il 20% di rischio in più di sviluppare un infarto miocardico, rispetto a chi dormiva tra le sei e le nove ore.

I risultati sono stati ancor più negativi per i pazienti che avevano un sonno lungo, evidenziando un maggior rischio di infarto del 34%.

Considerando nell’analisi anche la predisposizione genetica alla malattia coronarica i risultati non sono cambiati di molto. Anche nei soggetti con un rischio genetico elevato, la durata di sonno nell’intervallo “ideale” ha mitigato il rischio di infarto miocardico.

Non dormire troppo, non dormire troppo poco

Anche questo nuovo studio sembra quindi indicare che non solo il dormire poco può rappresentare un fattore di rischio per la salute delle coronarie, ma anche il dormire troppo.

Gli autori ovviamente non azzardano ipotesi fisiopatologiche per spiegare la sostanziale importanza delle ore di sonno e del preciso intervallo di tempo richiesto per far ridurre il rischio di sviluppare un infarto. Sottolineano peraltro come dormire un giusto numero di ore riesca a far ridurre il rischio di infarto miocardico perfino nei soggetti ad alto rischio genetico.

Gli studi che hanno documentato l’importanza di una corretta igiene del sonno sono ormai tanti, ma sorprende come, tranne nei casi estremi, in cui vi sia un’insonnia rilevante, il problema viene solitamente trascurato e sottovalutato.

Le evidenze ormai disponibili consigliano di valutare tra gli atri fattori di rischio cardiovascolare anche la durata del sonno, intervenendo sui pazienti insonni, ma anche in quelli che passano molte ore dormendo. I primi sono a volte difficili da trattare, ma per i secondi è sufficiente una buona sveglia.

 

Franco Folino

 

 

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