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Malattia di Parkinson: isradipina non rallenta la progressione della malattia

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The brain has about 100 billion cells called neurons. It’s made up of distinct parts, that developed though human evolution. copyright American Heart Association

Il trattamento a lungo termine con isradipina a rilascio immediato non sembra rallentare la progressione clinica della malattia di Parkinson in stadio precoce. Sono questi i deludenti risultati di uno studio multicentrico, randomizzato, di gruppo parallelo, in doppio cieco, controllato con placebo, pubblicati nei giorni scorsi sulla rivista Annals of Internal Medicine.

Malattia di Parkinson: un calcio-antagonista per rallentarne l’evoluzione

Nonostante numerosi studi precedenti, non esistono strategie comprovate per rallentare la progressione della malattia di Parkinson. L’isradipina, un calcio-antagonista diidropiridinico, approvato per il trattamento dell’ipertensione, ha dimostrato di esercitare un’azione neuroprotettiva nei modelli animali di morbo di Parkinson.

D’altra parte, numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato un rischio ridotto di sviluppare il morbo di Parkinson nelle persone in trattamento con diidropiridine, rispetto soggetti in terapia con altri agenti antipertensivi. Per questo i ricercatori avevano ipotizzato che l’isradipina potesse potenzialmente rallentare la progressione della malattia, quando usata nelle sue fasi iniziali.

Malattia di Parkinson: la prevenzione con isradipina

I ricercatori del Parkinson Study Group STEADY-PD III Investigators team hanno assegnato in modo casuale 336 pazienti con malattia di Parkinson in stadio precoce, reclutati in 57 siti del Parkinson Study Group in Nord America, a 5 mg di isradipina a rilascio immediato due volte al giorno o placebo, per 36 mesi.

Nessuno dei partecipanti stava assumendo farmaci dopaminergici al momento dell’arruolamento in questa sperimentazione.

Analizzando i risultati ottenuti, i ricercatori non hanno riscontrato differenze significative nelle variazioni dei punteggi Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS), nell’arco di 36 mesi, nei pazienti trattati con isradipina, assunta due volte al giorno, rispetto a quelli trattati con placebo. Nessuna delle misure considerate nell’analisi come endpoint secondari ha dimostrato di trarre beneficio dalla somministrazione di isradipina. Secondo i ricercatori, questi risultati non supportano l’ipotesi che isradipina, quantomeno quando assunta a questo dosaggio, rallenti la progressione del morbo di Parkinson in stadio precoce.

 

 

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