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Nuove linee guida AHA/ASA per la prevenzione dell’ictus e del TIA

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The brain has about 100 billion cells called neurons. It’s made up of distinct parts, that developed though human evolution. copyright American Heart Association

Avere un ictus o un attacco ischemico transitorio (TIA) fa aumentare il rischio di soffrire in futuro di un ictus. Secondo nuove linee guida dell’American Heart Association/American Stroke Association, identificare la causa dell’ictus o del TIA può portare a strategie di prevenzione specifiche per ridurre il rischio di eventi successivi. Il documento è stato pubblicato nelle scorse settimane sulla rivista Stroke.

Molti fattori di rischio sono mal gestiti

Gli ictus ischemici rappresentano l’87% degli ictus negli Stati Uniti e questi eventi possono portare a gravi disabilità o alla morte. Un attacco ischemico transitorio, comunemente indicato come TIA, si verifica quando un’arteria che porta sangue al cervello viene ostruita per un breve periodo di tempo. Questo blocco transitorio solitamente non provoca lesioni cerebrali permanenti.

Poiché le strategie di prevenzione sono migliorate, gli studi epidemiologici hanno evidenziato una riduzione dei tassi di ictus ricorrenti, che è passato dall’8,7% negli anni ’60 al 5,0% negli anni 2000. Eppure, molti fattori di rischio per un secondo ictus rimangono mal gestiti tra i sopravvissuti ad un primo evento.

Una nuova raccomandazione della “Linea guida 2021 per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con ictus e attacco ischemico transitorio” prevede che gli operatori sanitari eseguano valutazioni diagnostiche per determinare la causa del primo ictus o TIA entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi. La linea guida include una sezione che delinea le raccomandazioni terapeutiche basate sulla causa dell’ictus/TIA iniziale. Le cause sottostanti potrebbero essere correlate a ostruzioni nelle grandi arterie del collo o del cervello, piccole arterie nel cervello danneggiate dall’ipertensione o dal diabete, aritmie cardiache e molte altre potenziali cause.

“È di fondamentale importanza comprendere i modi migliori per prevenire un altro ictus, una volta che qualcuno ha avuto un ictus o un TIA”, ha affermato Dawn O. Kleindorfer, presidente del gruppo di scrittura delle linee guida e professore e presidente del dipartimento di neurologia presso la University of Michigan School of Medicine, di Ann Arbor, nel Michigan. “Se possiamo individuare la causa del primo ictus o TIA, possiamo personalizzare le strategie per prevenire un secondo ictus”.

Controllo della pressione e attività fisica

Per i pazienti sopravvissuti a un ictus o a un TIA, le linee guida di prevenzione secondaria raccomandano di gestire i loro fattori di rischio vascolare, in particolare l’ipertensione, il diabete di tipo 2, il colesterolo, i livelli di trigliceridi e il non fumare. Va inoltre limitata l’assunzione di sale e deve essere seguita una dieta mediterranea.

Se i pazienti sono in grado di svolgere attività fisica, devono impegnarsi in attività aerobica di intensità moderata per almeno 10 minuti quattro volte a settimana o attività aerobica di intensità vigorosa per almeno 20 minuti due volte a settimana.

“In effetti, circa l’80% degli ictus può essere prevenuto controllando la pressione sanguigna, seguendo una dieta sana, praticando attività fisica regolare, non fumare e mantenendo un peso sano”, ha affermato Amytis Towfighi, vicepresidente gruppo di scrittura delle linee guida e direttore dei servizi neurologici presso il Dipartimento dei servizi sanitari della contea di Los Angeles.

Per gli operatori sanitari, le raccomandazioni terapeutiche aggiornate evidenziate nelle linee guida includono l’organizzazione di team di assistenza multidisciplinare per personalizzare l’assistenza ai pazienti e utilizzo di un processo decisionale condiviso con il paziente per sviluppare piani di assistenza che incorporino i desideri, gli obiettivi e le preoccupazioni del paziente. Inoltre, è raccomandato uno screening per la diagnosi di fibrillazione atriale e l’eventuale assunzione di farmaci per fluidificare il sangue e ridurre gli eventi ricorrenti.

Antiaggreganti e anticoagulanti

Va inoltre prescritta una terapia antitrombotica, inclusi farmaci antipiastrinici o farmaci anticoagulanti in quasi tutti i pazienti che non hanno controindicazioni. Tuttavia, la combinazione di antipiastrinici e anticoagulanti in genere non è raccomandata per prevenire il secondo ictus. La doppia terapia antiaggregante, composta da aspirina e da un secondo farmaco antiaggregante, è raccomandata solo a breve termine e solo per pazienti specifici: quelli con ictus e TIA ad alto rischio o stenosi sintomatica grave.

Secondo le linee guida, l’endoarterectomia carotidea, la rimozione chirurgica di un’ostruzione o, in casi selezionati, l’uso di uno stent nell’arteria carotide, dovrebbero essere presi in considerazione per i pazienti con restringimento delle arterie del collo.

La gestione medica aggressiva dei fattori di rischio e la doppia terapia antiaggregante a breve termine sono preferibili per i pazienti con stenosi intracranica grave che si ritiene possa causare ictus o TIA.

In alcuni pazienti, è ora ragionevole considerare la chiusura per via percutanea di un forame ovale pervio, un piccolo difetto cardiaco abbastanza comune.

La linea guida è accompagnata da un articolo di revisione sistematica, pubblicato contemporaneamente, “Benefits and Risks of Dual Versus Single Antiplatelet Therapy for Secondary Stroke Prevention.” Il documento di revisione, presieduto da Devin L. Brown, Mè una meta-analisi di tre studi clinici di breve durata sulla doppia terapia antipiastrinica (DAPT) e conclude che questa può essere appropriata per pazienti selezionati. Gli autori della revisione osservano: “Sono necessarie ulteriori ricerche per determinare: la tempistica ottimale di inizio del trattamento rispetto all’evento clinico; la durata ottimale della DAPT per massimizzare il rapporto rischio-beneficio; se ulteriori popolazioni escluse da POINT e CHANCE [due degli studi esaminati], come quelle con ictus maggiore, possano anche beneficiare della DAPT precoce; e se alcuni profili genetici eliminano il beneficio della DAPT precoce”.

 

 

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